Polizze catastrofali: la proroga è legge, ma i dubbi restano
di Simona Baseggio e Barbara Marini
Con la conversione definitiva del decreto-legge 31 marzo 2025, n. 39, il Parlamento ha reso stabile il differimento dei termini per le polizze catastrofali originariamente previsti dalla legge di bilancio 2023, posticipando gli obblighi assicurativi con scadenze differenziate in base alla dimensione dell’impresa. Il decreto, ora legge dello Stato, si compone di due soli articoli ma rappresenta il punto di raccordo fra un impianto normativo in rapida evoluzione e una realtà economica ancora in cerca di equilibrio.
Il cuore del provvedimento sta nel rinvio: le imprese di medie dimensioni avranno tempo fino al 1° ottobre 2025, le piccole e microimprese fino al 31 dicembre 2025, mentre per le grandi imprese resta confermato il termine del 31 marzo 2025, già decorso, con un’applicazione differita di 90 giorni per l’effettiva operatività dell’obbligo. L’intervento normativo si è reso necessario alla luce dell’evidente difficoltà, soprattutto per le imprese minori, di accedere in tempi utili a offerte assicurative adeguate, anche in ragione dell’elevato numero di soggetti coinvolti e dei ritardi nell’attuazione regolamentare.
Nonostante le aspettative di un possibile intervento chiarificatore, il decreto si limita a prorogare i termini senza modificare il contenuto sostanziale dell’obbligo assicurativo già delineato dalla legge di bilancio 2023. Nessun passo in avanti, dunque, sulla definizione delle criticità applicative o sul chiarimento dei nodi interpretativi emersi nei mesi scorsi: il provvedimento si limita a modificare le scadenze per l’adempimento, rinviando espressamente ai commi 101 e 102 dell’articolo 1 della legge n. 213 del 2023. È da lì che continuano a derivare le coordinate essenziali della disciplina: l’obbligo riguarda i beni patrimoniali iscritti all’attivo B-II, numeri 1), 2) e 3) del bilancio e copre rischi quali sismi, frane, alluvioni, inondazioni ed esondazioni. Sempre da quella fonte normativa proviene anche la previsione secondo cui dell’inadempimento “si deve tener conto” nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni pubbliche. Il decreto non fa altro che posticipare l’entrata in vigore di questi obblighi, stabilendo che la loro efficacia decorra in date diverse a seconda della dimensione d’impresa, senza apportare modifiche alla struttura della norma né introdurre nuovi contenuti regolatori.
Proprio questo rinvio, tuttavia, riaccende il dibattito sugli effetti che la norma potrebbe produrre, specialmente in relazione al meccanismo sanzionatorio implicito previsto dal comma 102. La clausola – secondo cui dell’inadempimento si “deve tener conto” nell’accesso ai contributi pubblici – non delimita l’ambito oggettivo di applicazione e lascia spazio a interpretazioni estensive, anche oltre la logica che ha ispirato l’introduzione dell’obbligo assicurativo. Se inizialmente si poteva ipotizzare un collegamento con i soli ristori post-calamità, oggi appare chiaro che l’impostazione adottata dal Ministero sarà seguita in modo uniforme da gran parte delle amministrazioni: escludere le imprese non assicurate da tutte le misure di agevolazione, a prescindere dal loro nesso con la protezione dal rischio catastrofale. Come già si è avuto modo di commentare su Blast, se davvero si fosse voluto rafforzare l’adempimento, sarebbe stato più trasparente e lineare prevedere una sanzione diretta, proporzionata e normativamente tipizzata, piuttosto che affidare a un meccanismo diffuso e potenzialmente arbitrario la funzione di pressione sul comportamento dell’impresa.
Sono state quindi confermate anche le modifiche già analizzate in occasione dell’approvazione degli emendamenti, che intervengono su aspetti rilevanti della disciplina: dalla determinazione del valore da assicurare, ora ancorata a criteri di ricostruzione o ripristino, alla conferma della non assicurabilità degli immobili abusivi, fino alla questione, più delicata, dei beni detenuti dall’impresa ma non di sua proprietà.
Su quest’ultimo punto, già oggetto di ampia riflessione, la soluzione adottata – con l’indennizzo spettante al proprietario e un eventuale ristoro parziale per l’impresa in caso di mancato ripristino – continua a sollevare dubbi di ordine pratico e sistemico, specie per le implicazioni che potrà avere nei rapporti tra conduttori e locatori.
In definitiva, la conversione in legge del decreto rappresenta un passaggio formale necessario, ma non risolutivo. L’obiettivo dichiarato – favorire una maggiore diffusione delle coperture assicurative come strumento di gestione del rischio – resta condivisibile. Ma l’impianto normativo, nella sua attuale configurazione, continua a mostrare rigidità e lacune applicative. Senza un intervento chiarificatore più organico e coerente con le reali dinamiche del sistema produttivo, il rischio è che l’obbligo finisca per pesare in modo sproporzionato proprio sulle imprese meno strutturate, senza garantire l’effettiva efficacia della protezione che si intende costruire.