Più della metà delle aziende italiane posticipa gli investimenti per colpa dei dazi Usa
di Pierpaolo Molinengo
Quanto e come la politica protezionistica dell'amministrazione statunitense sta impattando sulle aziende italiane? E, soprattutto, in quale modo sta influenzando le dinamiche commerciali nel nostro Paese? A fare il punto della situazione ci ha pensato l’EY Parthenon CEO Outlook, il quale ha analizzato le prospettive per il 2025 dei manager. L’analisi mette in evidenza come il 90 per cento dei Ceo mondiali e l’80 per cento di quelli italiani era ottimista sulle previsioni economiche. Il sentiment è mutato con l’introduzione delle nuove politiche commerciali statunitensi: dalla rilevazione effettuata tra marzo ed aprile 2025 è emerso che almeno il 58 per cento dei Ceo italiani ha deciso di posticipare gli investimenti pianificati. Un buon 54 per cento, invece, sta cercando di riposizionare le risorse tra diversi mercati geografici, mettendo in mostra una buona capacità reattiva rispetto a quanto sta avvenendo nel resto dell’Europa (39 per cento) e degli Stati Uniti (43 per cento).
I dazi Usa monopolizzano l’attenzione
A monopolizzare l’attenzione delle istituzioni e delle aziende è principalmente la metodologia attraverso la quale affrontare le nuove regole tariffarie che l'amministrazione Trump ha deciso di introdurre. Nel nostro Paese il 40 per cento dei manager che sono stati interpellati - a livello globale la percentuale si ferma al 25 per cento - sta ripensando all'intensità degli investimenti nell’intelligenza artificiale.
"Nonostante il momento di incertezza che caratterizza i mercati nazionali e internazionali, la nostra analisi evidenzia come le aziende italiane stiano già adottando misure per mitigare l'impatto delle nuove regole tariffarie e per diversificare i propri mercati - spiega Marco Daviddi, Managing Partner EY- Parthenon in Italia. Sebbene sia opportuno concentrarsi sul breve periodo, soprattutto per la riorganizzazione dei mercati di riferimento, la struttura delle catene di fornitura e le relazioni con i propri consumatori e utenti, è fondamentale non trascurare altre questioni strategiche, che richiedono capacità di intervento e azioni decise. Tra queste vi sono, in particolare, il contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo di politiche sostenibili, le trasformazioni dei modelli operativi e di business indotte dall’impatto dell’intelligenza artificiale”.
Le aspettative ottimistiche per il 2025, ma con una partenza sottotono
Gli investimenti delle aziende passano anche dalle operazioni di Mergers and Acquisitions: in Italia nel corso dei primi quattro mesi del 2025 sono state annunciate 390 acquisizioni: il valore complessivo delle operazioni - almeno per quelle delle quali il dato è disponibile - è pari a circa 9 miliardi di euro. Numeri che stanno ad indicare una diminuzione del 16 per cento rispetto alle transazioni che sono state effettuate nel corso dello stesso periodo del 2024. Il volume totale delle operazioni è calato del 70 per cento.
Con ogni probabilità la contrazione può essere attribuita alla dimensione media contenuta delle operazioni e al fatto che i megadeal (operazioni che hanno un controvalore superiore ad un miliardo di euro) sono drasticamente calati.
A guidare gli investimenti è principalmente il comparto industriale, il quale porta a casa il 24 per cento delle operazioni. Seguono i beni di lusso (17 per cento) e il settore tecnologico (11 per cento).
"Nonostante un inizio d’anno difficile in ambito M&A, si stanno gettando le basi per operazioni capaci di ridisegnare alcuni settori chiave come quello finanziario, del fashion & luxury e industriale - spiega Daviddi -. La liquidità nel sistema rimane elevata e i fondi di Private Equity giocheranno un ruolo significativo. Le aziende italiane dovranno affrontare molteplici sfide, rendendo necessario un incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, impianti, macchinari e formazione del personale per affrontare la trasformazione in atto”.
Daviddi aggiunge inoltre che “aprire il capitale a investitori finanziari o procedere con processi di consolidamento, rappresentano valide opzioni per affrontare gli ostacoli attuali e cogliere le opportunità emergenti. A tal proposito, secondo le nostre rilevazioni, il 46 per cento dei Ceo nazionali ha intenzione di procedere con operazioni M&A, percentuale che sale al 57 per cento a livello mondiale, in modo da incrementare la massa critica e perseguire sinergie ed efficienze. Inoltre, le aziende italiane stanno rafforzando le attività di investimento in target estere dove, sebbene da inizio anno il numero di operazioni sia sostanzialmente stabile, con poco meno di 100 deal, il volume di investimento è raddoppiato a circa 10 miliardi di euro, grazie ad alcune operazioni di dimensione rilevante. Joint Venture e alleanze strategiche, ad ogni modo, per il 68 per cento degli intervistati appare la principale opzione strategica per condividere investimenti e per affrontare la rivoluzione tecnologica in corso”.
L’impatto dei dazi Usa sui vari comparti
Ma vediamo quale potrebbe essere l’impatto dei dazi statunitensi sulle aziende italiane.
Il settore consumer - al cui interno sono inclusi i beni di largo consumo, il retail e il fashion & luxury - è indubbiamente uno dei più importanti del sistema economico italiano, contraddistinto da una serie di dinamiche molto differenti tra di loro. Nel corso degli ultimi anni a condizionarlo sono stati il Covid 19 e l’elevata inflazione, che hanno determinato una serie di cambiamenti nelle abitudini dei consumatori, contribuendo ad alzare le tensioni tra i diversi attori della filiera.
Il comparto dei beni di largo consumo, almeno nel breve termine, non dovrebbe rimanere particolarmente penalizzato dai nuovi dazi. È attesa, ad ogni modo, una forte attenzione sui prezzi al consumo in modo da prevenire un calo della domanda e fidelizzare i consumatori. Nel settore retail non-food, si prevede il consolidamento su pochi attori per ogni verticale e un aumento delle transazioni online. La sospensione temporanea dei dazi da parte di Trump offre un sollievo momentaneo al settore italiano del fashion & luxury; tuttavia, le tensioni commerciali continuano a rappresentare una fonte di preoccupazione.
Secondo l’EY Parthenon Bulletin “per i brand italiani, il 2025 sarà un anno cruciale per accelerare la diversificazione geografica. Per le aziende, infatti, esposte verso il mercato US, sarà importante comprendere qual è l’elasticità al prezzo in relazione alla base clienti di riferimento e, eventualmente, quanto dell’incremento dei prezzi dovuto alle nuove tariffe potrà essere trasferito sulla filiera produttiva, già in molti casi sotto pressione, e quanto potrà essere assorbito come riduzione della profittabilità. Inoltre, molte aziende stanno conducendo analisi strategiche riguardo all’opportunità di trasferire o installare capacità produttiva negli Stati Uniti, anche se ciò appare molto complesso nel breve termine”.
Senza dubbio la politica adottata dall’amministrazione statunitense impatterà sulla domanda globale di prodotti. I consumatori inizieranno ad essere leggermente più cauti e selettivi: acquisteranno di meno e presteranno maggiore attenzione alla qualità, all’identità creativa della personalizzazione.