Permessi legge 104 e produttività aziendale: un compromesso necessario?
di Claudio Garau
A ben vedere, ogni rapporto di lavoro è sul filo di un sottile compromesso tra le parti. Si potrebbe dire quasi un gioco psicologico o una dinamica mentale – che, però, non dovrebbe mai sconfinare nella guerra di nervi o, peggio, in gesti di mobbing. L'azienda mira alla produttività, al profitto e alla miglior performance, mentre il dipendente ambisce a migliorare la sua posizione e a scalare posizioni nella gerarchia, facendo attenzione a proteggere l'equilibrio tra vita professionale e privata.
Se pensiamo all'esistenza della celebre, e imprescindibile, legge 104, varata per tutelare i lavoratori disabili gravi e i lavoratori che assistono disabili gravi, c'è una questione pratica in grado di alimentare dubbi e riflessioni. Come combinare l'uso dei permessi 104 con le esigenze della produttività aziendale – o, per dirla con un termine più freddo e “affaristico”, del business? Quale chiave di lettura può rivelarsi illuminante per chi in azienda ci lavora, sia con funzioni direttive o organizzative, sia con funzioni tipicamente impiegatizie?
Tali permessi possono generare sfide significative in termini di buona organizzazione. Come gestirli in una fase delicata, nelle settimane prima di una scadenza importante o senza mettere a rischio l'esecuzione di una commessa? Pensiamo a quegli incarichi specifici, ricevuti da un cliente e da rispettare seguendo attentamente il contratto: esiste un equilibrio possibile tra la tutela dei diritti del lavoratore e gli obiettivi aziendali? O meglio, è sempre possibile combinare in modo “virtuoso” le esigenze datoriali - che vorrebbero la presenza del dipendente - con quelle del dipendente stesso che – a sua volta – vorrebbe usufruire, senza condizionamenti, delle ore di permesso legge 104?
Non vogliamo qui soffermarci sull'ipotesi del congedo straordinario biennale, perché a costituire il nocciolo vero della questione sono gli effetti immediati dei citati benefici, previsti dall'articolo 33 comma 3 legge 104. Ci riferiamo, quindi, ai 3 giorni di permesso retribuito al mese e alle alternative 2 ore di permesso giornaliero. Al di là della frazionabilità in ore, tali agevolazioni potrebbero creare difficoltà operative, specialmente nelle aziende di non grandi dimensioni. E ben sappiamo quanto in Italia le PMI siano il cuore pulsante della produttività: nel 2021 l'Istat registrò la presenza di più di 220mila piccole e medie imprese.
D'altronde il diritto alla salute è costituzionalmente garantito e, con una disabilità grave, la legge 104 dispiega i suoi effetti. L'azienda non può opporsi per partito preso. Questo però significa un possibile rallentamento dei processi produttivi, con rischio di aumento del carico di lavoro per gli altri colleghi.
Inoltre, nei settori con forza lavoro ridotta o con dipendenti assai specializzati nelle funzioni, un altro pericolo è quello di non avere sufficiente flessibilità organizzativa. L'azienda potrebbe trovarsi non in grado di sostituire chi manca per 3 giorni al mese – e magari in una fase clou. Ci sono altresì i costi indiretti legati all'uso del permesso, perché la copertura delle mansioni scoperte e l'eventuale calo di produttività si traducono in spese per l'azienda, spesso difficili da quantificare o prevedere.
E c'è il rischio di abusi nell'utilizzo dei benefici e di conseguenti dispute giudiziarie: una ormai ampia giurisprudenza ha ribadito più volte che i controlli aziendali tramite agenzia investigativa sono leciti, a patto di rispettare la privacy individuale. All'abuso può peraltro seguire un'alterazione del clima aziendale che non fa di certo bene alla produttività.
È quindi una coperta corta? L'azienda è “vittima” di norme ipertutelanti per il dipendente? A pensarci bene la risposta è no, perché un ufficio virtuoso si vede anche da come sa trovare un compromesso a livello strategico. Ad es. una stretta collaborazione con i sindacati e una comunicazione chiara, e preventiva, sulle policy aziendali sono azzeccati strumenti “anti-abuso”.
Turni flessibili, organizzazione per gruppi di lavoro, calendario pianificato (con piano B all'occorrenza), smart working e formazione “trasversale” - per la creazione di una forza lavoro più versatile - sono tutte carte vincenti per superare il problema del ricorso al permesso 104, specialmente se i dipendenti che li usano sono più d'uno.
Ma soprattutto il dialogo. Costruttivo, sereno ed equilibrato. Esprimersi e ascoltare le posizioni e le esigenze dell'altro è essenziale per ogni comunità. Si crea un clima di fiducia che consente di affrontare le difficoltà in modo condiviso, trovando soluzioni che soddisfino tutti. Ad esempio la stipula di accordi aziendali specifici per la gestione “a monte” dei permessi è un passo avanti per l'armonia.
Da vincolo la 104 può allora divenire un'opportunità per migliorare l'organizzazione e promuovere un ambiente inclusivo. Riconoscere il valore della tutela dei diritti non è solo un obbligo morale, ma anche un investimento nel capitale umano - la vera forza di ogni impresa.