Per commercialisti e consulenti del lavoro anche la consulenza si fa procedura
di Michele D’Agnolo
Nel mondo dei commercialisti e dei consulenti del lavoro, la parola “procedura” evoca spesso moduli, check-list, scadenze e adempimenti fiscali e lavoristici. Per molti professionisti, infatti, le procedure standard di lavoro sembrano essere possibili ed avere senso solo quando si tratta di attività ripetitive e vincolate dalla normativa: dichiarazioni, bilanci, liquidazioni IVA, modelli 770, cedolini paga e via dicendo. Ma è proprio qui che nasce il grande fraintendimento.
“Ogni cliente è diverso, ogni situazione è unica, quindi la consulenza non può essere standardizzata.”
Questa è la convinzione più diffusa — e più limitante — tra i commercialisti e consulenti del lavoro che operano nei nostri studi.
Certo, la consulenza richiede capacità di analisi, ascolto e interpretazione, ma questo non significa che il processo consulenziale non possa essere sistematizzato.
Al contrario, proprio la parte di processo — come si raccoglie l’informazione, come si valuta la situazione, come si formula e si comunica una raccomandazione — è perfettamente ripetibile e può essere descritta, insegnata e migliorata.
Pensiamo, ad esempio, a una perizia di valutazione aziendale.
Ogni caso ha le sue specificità — settori diversi, contesti patrimoniali, finalità differenti — ma la sequenza logica delle attività è sempre la stessa:
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