In un mercato sempre più competitivo e diversificato e nell’era della comunicazione che si rinnova ogni giorno e che sembra non finire mai di stupire, quanto un prodotto è ancora in grado di attrarre, conquistare, coinvolgere?
Quando l’arte incontra la strategia, nasce quel potere latente e sorprendente che riesce a incuriosire, emozionare, meravigliare quando meno ce lo si aspetta, in un mondo che sembra già avere sperimentato tutto: il prodotto da fine diventa un mezzo e il packaging si traduce in arte.
Le 7 funzioni del packaging
· Fornire informazioni in modo chiaro, preciso e completo.
· Catturare l’attenzione del consumatore.
· Costruire un ponte fra produttore e utente.
· Trasmettere l’identità aziendale mediante un’immagine univoca quale elemento cruciale nel processo di costruzione della brand identity.
· Rappresentare un elemento distintivo in grado di contraddistinguere l’azienda sempre e dovunque.
· Promuovere la costruzione di una relazione di fiducia di lungo termine tra produttore e consumatore.
· Trasmettere emozioni e porre il cliente al centro di un’esperienza che sia indimenticabile.
Il Processo del Packaging Design, che fa di una scatola di cartone uno scrigno prezioso e di un contenitore insignificante il simbolo di un’epoca, è il risultato poliedrico e dinamico dell’incontro fra tre fattori: l’identità di un brand, con i suoi valori e la sua visione nel futuro, si manifesta in quello scopo che orienta tutte le mosse dell’azienda e dà loro significato, quel valore in grado di raggiungere il loro target e stupirlo.
Il processo di creazione della brand identity e della relazione con il mercato coinvolge l’intera organizzazione e il Modello WHW (Sara Giussani) la supporta nell’individuare i tre pilastri sui quali plasmare il suo destino: in ambienti dinamici e incerti non si tratta di pianificare il futuro, bensì di crearlo.
1. Cosa offre l’azienda (WHAT)?
2. In che modo può raggiungere il suo mercato (HOW)?
3. Quale lo scopo che vuole perseguire (WHY)?
Tre domande, tre semplici steps che definiscono i tre livelli sui quali il packaging esercita la sua azione mirata, strategica, profonda.
Livello 1: Percezione. Il packaging, attraverso i suoi elementi grafici e visivi, cattura l’attenzione del suo interlocutore e gli trasmette un messaggio che lo coinvolge. Fin dal primo istante disegna nella mente del suo destinatario una percezione ben precisa, nitida e inconfondibile, fatta di sensazioni, emozioni, ricordi indelebili.
Livello 2: Comportamento d’acquisto. Perché il consumatore acquista un prodotto o un servizio? Perché ne ha bisogno, perché lo desidera, per risolvere un problema, per mantenere un certo status sociale, per puro piacere. Più l’azienda ha chiaro il suo scopo e più conosce il suo destinatario, più la sua strategia sarà vincente.
Se riprendiamo il parallelismo con l’ambito militare e se azzardiamo una prospettiva sfidante che trasforma il mercato in un campo di battaglia e il consumatore nella preda da conquistare, assume ancora più significato quanto, intorno al V secolo a. C., scriveva il generale e filosofo cinese Sun Tzu nel suo famoso trattato di strategia militare L’arte della guerra: “Se conosci il tuo nemico e conosci te stesso, la tua vittoria è sicura.”
Livello 3: Fidelizzazione. Oggi una delle grandi sfide per un imprenditore non è solo attrarre clienti nuovi, ma trattenerli sul lungo termine attraverso strategie di retention e processi di fidelizzazione che si fondano proprio su quegli elementi che fanno di un’azienda, un’eccellenza: rispetto, empatia, valore, onestà, etica.
Come in una qualunque relazione interpersonale, costruire fiducia con il proprio mercato richiede tempo, pazienza, disponibilità, comprensione, attenzione, umiltà, disponibilità e, se prima di tutto è una questione di responsabilità morale, è allo stesso tempo una necessità a livello gestionale.
Il costo per acquisire nuove aree di mercato infatti è 6-7 volte maggiore rispetto a quello richiesto all’azienda per fidelizzare i clienti esistenti. Esigenze di business e responsabilità etica si incontrano e scontrano in un gioco in bilico fra prevedibilità e imprevedibilità, fra calcoli analitici e immaginazione, fra pianificazione da un lato e colpi di scena dall’altro.
In un mondo dove produttore e consumatore diventano complici, l’azienda deve ripensare la sua identità e decidere quale ruolo giocare sulla scena internazionale che richiede un equilibrio fra attenzione quasi ossessiva al dettaglio e leadership visionaria, fra azione locale e impatto globale, un connubio imprevedibile fra strategie ed emozioni che scandisce quell’esperienza dove azienda e consumatore sono i coautori di un destino comune e il packaging la copertina.
L’azienda oggi non vende più un prodotto o un servizio, fa molto di più: condivide delle storie, suscita emozioni, crea ricordi, costruisce un ideale, offre un’opportunità, genera valore, crea cultura.
Così come l’impresa valica i confini organizzativi, così il packaging sollecita la nostra mente a uscire fuori dagli schemi e a immaginare: il meccanismo inconscio della fissità funzionale, che imbriglia la nostra fantasia e le impedisce di guardare un oggetto al di là della sua funzionalità originaria, viene così sgretolato dal desiderio e dalla necessità di ripensare la realtà.
È proprio dall’incontro fra strategia e creatività che un dispositivo tecnologico diventa un luogo dove sognare, conoscere, creare relazioni e un brand come Airbnb diventa lo spazio in cui viaggiare con la fantasia. Non a caso il motto dell’azienda, “You don’t have to live somewhere. You can live anywhere”, ha il potere di offrire al suo interlocutore la libertà di crearsi la realtà che più desidera e ciò non ha prezzo.
Il packaging, sotto forma di una scatola accattivante e profumata o racchiuso in uno slogan che fa sognare, decide il destino del brand e conquista l’utente prima ancora che quest’ultimo se ne renda conto.


