Oltre i risultati: ripensare l’MBO mettendo al centro i comportamenti
di Andrea Tordini
Incentivare la performance assicurando al contempo il benessere organizzativo rappresenta, a mio avviso, una sfida necessaria e molto affascinante della cultura d’impresa contemporanea. Performance e benessere sono elementi profondamente interconnessi, capaci di influenzarsi a vicenda in modo strutturale. Da un lato, le organizzazioni sono chiamate a definire strumenti per misurare ed incentivare il contributo individuale e collettivo ai risultati; dall’altro, è sempre più evidente che l’efficacia di tali strumenti dipenda dalla qualità delle relazioni interne, dall’armonia dei team, dalla capacità di gestire i conflitti e dal clima di fiducia che si sviluppa all’interno dei contesti lavorativi.
In quest’ottica, adottare sistemi premianti sbilanciati esclusivamente sulla dimensione quantitativa rischia di generare dinamiche di pressione sistemica, con effetti tangibili su diversi ambiti della vita organizzativa: il benessere delle persone, l’andamento dello stress lavoro-correlato, l’efficacia dei processi decisionali e della comunicazione tra le persone.
Da una visione meno romantica della questione, anche l’evoluzione della giurisprudenza in materia di salute e sicurezza, insieme all’obbligo di tutela imposto dall’articolo 2087 c.c., sembrano dare una spinta alle organizzazioni: ripensare in modo responsabile l’architettura dei sistemi di valutazione e incentivazione. In questo contesto, a mio avviso, ripensare l’MBO secondo logiche culturali, valoriali e relazionali non è soltanto una scelta strategica, è un dovere organizzativo.
MBO: tutto nasce per non restare così com’era
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