Quando si parla di lavoro, tutti diventano improvvisamente esperti di busta paga. È un po’ come il calcio: ognuno ha la sua formazione vincente, ma alla fine si sbagliano quasi tutti.
Il problema? I numeri. Non quelli delle performance aziendali o delle vendite: quelli sono facili, li metti in una slide e tutti applaudono. No, i numeri che davvero confondono sono altri: netto in busta, imponibile fiscale e RAL (Retribuzione Annua Lorda). Tre concetti diversi, ma che nella testa di molti finiscono nello stesso frullatore, con il risultato che al tavolo delle trattative nessuno sa davvero di cosa sta parlando.
Il netto: l’idolo delle chiacchiere
Partiamo dal preferito di tutti: il netto in busta.
È il numero che compare sul bonifico il 27 del mese, quello che fa brillare gli occhi al lavoratore e che diventa subito il parametro di confronto tra amici e colleghi. “Io prendo 1.500 netti, tu quanto?”. È umano: quello è il denaro realmente spendibile, il metro della qualità della vita.
Ma attenzione: il netto è un’illusione fragile. Non è un valore costante, perché dipende dalle aliquote fiscali, dalle detrazioni personali, dalle addizionali regionali e comunali.
Facciamo un esempio: se un datore di lavoro promette “1.500 netti al mese” e il Comune decide di abbassare l’addizionale, il dipendente non se ne accorge, incassando sempre 1.500 euro. A rimetterci è il dipendente stesso. Viceversa, se le imposte aumentano, sarà il datore a pagare lo scotto. Insomma: accordarsi sul netto equivale a fare una scommessa rischiosa.
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