Con l’ordinanza n. 31406 depositata oggi 2 dicembre 2025, la Corte di cassazione ha scardinato un dogma che sembrava incrollabile: anche l’evasore totale, completamente sconosciuto al Fisco, ha diritto a detrarre l’IVA sugli acquisti, pur in assenza degli adempimenti contabili obbligatori.
La vicenda trae origine da un classico caso di accertamento induttivo “puro”. A seguito di indagini finanziarie su conti correnti utilizzati per ingenti trasferimenti di denaro verso la Cina, l’Agenzia delle Entrate aveva ricostruito il volume d’affari di un contribuente, qualificandolo come imprenditore occulto. Mentre ai fini delle imposte dirette i prelievi bancari erano stati riconosciuti come costi deducibili, per l’IVA l’Ufficio – e poi la C.T.R. – avevano negato il diritto alla detrazione dell’IVA, in assenza di fatture d’acquisto e di contabilità.
La Suprema Corte, ribaltando l’esito del giudizio, ha invece offerto una lettura dirompente del rapporto tra forma e sostanza del diritto alla detrazione dell’IVA, con un articolato ragionamento giuridico interamente basato sui principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’UE.
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra requisiti sostanziali e obblighi formali. I Giudici di legittimità, richiamando le sentenze della CGUE Idexx e Astone, chiariscono che la fattura è un requisito (soltanto) formale, e che l’omissione degli obblighi di documentazione e dichiarazione, sebbene sanzionabile, non può comportare la perdita del diritto di detrazione se i requisiti sostanziali sono soddisfatti, ovvero se gli acquisti sono effettuati da un soggetto passivo e destinati a operazioni imponibili.
Ancor più rilevante è il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia UE in causa C-521/2019, CB (conforme alla sentenza resa nelle riunite C-249/12 e 250/12, Corina-Hrisi Tulică, non citata dalla Corte). La Cassazione afferma che, quando l’Amministrazione ricostruisce induttivamente la materia imponibile di un evasore totale, gli importi accertati devono intendersi già comprensivi di IVA (con un procedimento di “scorporo”). Qualsiasi altra interpretazione violerebbe il principio di neutralità fiscale, facendo gravare l’imposta sul venditore anziché sul consumatore finale.
La Corte precisa che il diniego della detrazione è legittimo solo in presenza di una frode che impedisca di accertare i requisiti sostanziali; ma la mera violazione degli obblighi contabili (mancata fatturazione, omessa tenuta dei registri), tipica dell’evasore totale, non equivale automaticamente a frode. Se l’Amministrazione dispone delle informazioni necessarie per stabilire che l’acquisto è avvenuto ed è “inerente” (come appunto emerge dalle indagini finanziarie svolte), il diritto alla detrazione deve essere garantito.
La Corte perviene, così, all’enunciazione del principio di diritto secondo cui «nel caso di un contribuente che realizzi operazioni iva completamente occultate all’Amministrazione Finanziaria, (c.d. “evasore totale”) secondo la direttiva 2006/112 UE - in particolare gli artt. 73 e 78, letti alla luce del principio di neutralità dell’IVA, la ricostruzione, mediante accertamento cd. induttivo puro, della maggiore materia imponibile deve essere intesa comprensiva dell’IVA, con la conseguenza che … il soggetto passivo interessato deve disporre del diritto di detrarre l’IVA a monte, da esercitare entro il termine di decadenza prescritto».
Il principio affermato dalla Corte avrà un impatto assai rilevante sulle strategie difensive negli accertamenti induttivi IVA, e sarà sicuramente oggetto di ulteriori e necessari approfondimenti qui su Blast.

