“Mostra”- LE PAROLE DI BLAST
di Cristina Marchesan
No, non si tratta della moglie del “mostro”!
Per quanto, pensando ad una mia ormai lontanissima visita al museo della guerra di Saigon - oggi Ho Chi Minh City - nel sud del Vietnam, le immagini esposte al suo interno - di un pervasivo bianco e nero in cui l’idea del vero colore del sangue si insinua comunque pesantemente nei gangli reconditi della mente - riecheggiano tuttora involontariamente nella mia memoria solo con il ricordo dell’orrore e del disgusto suscitatomi dalla loro vista. Allo stesso tempo, entrare in quel museo probabilmente sarebbe opportuno per generare una diversa consapevolezza sulle atrocità del mondo in cui viviamo.
Se anticamente il monstrum “mostro” nasce come monito divino, in ogni caso non dovrebbero servire molte parole per descrivere come tutte le guerre - anche quelle che si pregiano della ridicola affermazione di “esportare democrazia” - non possono essere giammai giustificate, in alcun modo, da ogni buon Dio di qualsiasi religione che si rispetti. E, di certo, anche conseguentemente all’affollamento di anime collocate insieme su una “bianca nuvola” - forse presa in prestito dal libro “Lo zio Hombert”, ultimo lavoro dello scrittore Domenico Mennella - che invece dovrebbe essere riservata, quale esclusiva dimora, al caro zio.
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