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Economia

Morbidi o duri? Quale strategia seguire per formare i giovani nello studio professionale?

di Mario Alberto Catarozzo

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Blast
nov 06, 2025
∙ A pagamento

Negli studi professionali di commercialisti, consulenti del lavoro e avvocati si sta consumando un dibattito che non sembra avere soluzione: come formare la nuova generazione? L’approccio tradizionale, fatto di severità, lunghi apprendistati e gerarchie rigide, sta mostrando crepe evidenti. I giovani della Generazione Z e i Millennials sembrano rispondere a logiche diverse, questo si sa. Ma al di là dei luoghi comuni sulle nuove generazioni, che appaiono più fragili di chi li ha preceduti, quale impostazione è davvero più formativa?

Il contesto del cambiamento

I dati ci dicono che il 70 per cento della Gen Z chiede flessibilità sul lavoro, il 60 per cento punta sulla formazione continua e considera il feedback immediato non un optional, ma una necessità. Non attendono la valutazione annuale e vogliono riscontri continui, orientati al miglioramento, in un clima di fiducia. Questa generazione, cresciuta nell’era digitale, è abituata a feedback istantanei e a relazioni orizzontali, non verticali. Gli studi professionali tradizionali, con la loro impostazione fatta di lunghi apprendistati, orari estesi e gerarchia rigida, mal si sposano con queste esigenze. Non è una questione di “giovani viziati”, ma di aspettative profondamente mutate: equilibrio vita-lavoro, senso di appartenenza, crescita professionale chiara e valori condivisi sono ora requisiti imprescindibili.

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