Misurare il ritorno delle iniziative di sostenibilità: dalla governance alla creazione e misurazione del valore sostenibile
di Andrea Tordini
Ogni percorso di sostenibilità dovrebbe partire dalla governance. Non esistono KPI, indicatori o report che possano sostituire una direzione chiara, condivisa e responsabile. È la governance - quella fatta di decisioni strategiche, accountability e processi integrati - a determinare se la sostenibilità sarà un capitolo di bilancio o una leva di crescita.
Solo una governance strutturata consente di legare obiettivi, risorse e risultati in modo coerente. Significa che gli organi di vertice devono presidiare le scelte ESG, i comitati interni devono occuparsi di monitoraggio e trasparenza e le funzioni aziendali devono condividere e perseguire gli obiettivi dichiarati. Senza questa cornice, ogni investimento “green” rischia di restare un’iniziativa isolata, magari ben comunicata, ma incapace di generare valore reale.
Dalla governance alla misurazione
Misurare il ritorno degli investimenti in sostenibilità non è un mero esercizio contabile. L’azienda che decide di investire in iniziative di sostenibilità deve definire in anticipo che cosa vuole misurare, come e perché.
Alcune delle principali ricerche universitarie su questo tema convergono su un punto: la sostenibilità è misurabile solo se integrata nella gestione economica e organizzativa. Non basta sapere quanto si è speso, ma occorre capire come l’investimento ha inciso sull’efficienza, sulla reputazione, sul rischio e sulla capacità di generare valore per gli stakeholder, tutto questo con allo sfondo un asse temporale.
I principali metodi e indicatori per misurare il ritorno degli investimenti ESG
Il cuore della misurazione della sostenibilità è l’individuazione di indicatori chiari e confrontabili. Nella pratica aziendale e nella letteratura internazionale si sono affermati tre metodi principali, oggi utilizzati anche da alcune aziende italiane per quantificare il valore creato dagli investimenti ESG: il Sustainability ROI, il Social Return on Investment (SROI) e l’Environmental ROI.
· Sustainability ROI: misurare il ritorno integrato
È l’evoluzione del tradizionale “Return on Investment” e rappresenta il metodo generalmente più utilizzato dalle imprese per collegare risultati economici e impatti ESG.
Il Sustainability ROI tiene conto sia dei benefici finanziari diretti - come il risparmio di costi energetici, la riduzione di inefficienze o l’aumento dei ricavi derivanti da prodotti sostenibili - sia dei benefici indiretti, come reputazione, fidelizzazione dei clienti, accesso a capitali agevolati o miglioramento del rating ESG.
Alcune aziende italiane lo applicano nel contesto della rendicontazione integrata: Enel, Snam e Pirelli, ad esempio, pubblicano KPI che collegano iniziative ESG a performance operative/finanziarie.
Il vantaggio di questo approccio è la concretezza: ogni iniziativa ESG è collegata a una voce di costo o beneficio, rendendo visibile l’effetto delle politiche sostenibili sul conto economico e sul valore d’impresa.
· Social Return on Investment (SROI): dare un valore economico all’impatto sociale
Nato nel Regno Unito e oggi riconosciuto anche in Italia - ad esempio nelle linee guida del Global Value Exchange e della Social Value International - il SROI è un metodo che permette di misurare il valore sociale generato da un progetto rispetto alle risorse investite.
Il principio è semplice: per ogni euro investito, quanto valore “ritorna” alla collettività, ai lavoratori, al territorio? Le aziende utilizzano il SROI soprattutto per valutare progetti di welfare aziendale, formazione, inclusione o sviluppo territoriale.
Intesa Sanpaolo ne adotta una logica simile per stimare l’impatto dei propri programmi di educazione finanziaria e di supporto alle famiglie vulnerabili, collegando i benefici sociali ai risparmi generati nel sistema economico.
Il limite del SROI è la complessità nella monetizzazione di benefici intangibili; tuttavia, è uno strumento potente per comunicare agli stakeholder l’impatto sociale in modo credibile e comparabile.
· Environmental ROI: efficienza e impatti ambientali misurabili
L’Environmental ROI, o indice di eco-efficienza, è oggi tra gli indicatori più solidi per la misurazione delle performance ambientali.
Si basa sulla capacità di produrre di più con meno risorse, valutando il rapporto tra output economico e impatti ambientali (consumi energetici, emissioni, uso di materiali, rifiuti generati).
Le metriche più utilizzate includono:
intensità di carbonio (CO2 emessa per unità di ricavo o prodotto);
intensità energetica (energia consumata rispetto alla produzione);
tasso di riciclo o riuso delle materie prime.
Eni e Italgas, nei rispettivi report di sostenibilità, comunicano il miglioramento della produttività energetica e la riduzione delle emissioni in valore percentuale, mettendo in relazione questi risultati con il valore economico generato.
Questo approccio ha un duplice effetto: migliora la performance economica e consolida la reputazione ambientale dell’impresa, oggi monitorata anche dai principali investitori internazionali attraverso i rating ESG (MSCI, Sustainalytics, Moody’s ESG).
Il ruolo strategico dei KPI ESG
Gli indicatori ESG non sono più strumenti di reporting, ma leve di governo aziendale. Oggi i KPI ESG vengono integrati nei sistemi di pianificazione strategica e collegati direttamente agli obiettivi di performance del management.
I più diffusi includono:
emissioni di gas serra (Scope 1, 2, 3): indicatori standardizzati e obbligatori secondo le direttive europee CSRD e GRI.
tasso di infortuni e assenteismo, per la componente sociale.
differenziale retributivo di genere.
indice di engagement dei dipendenti.
presenza di un comitato sostenibilità e livello di indipendenza del board, per la componente di governance.
Questi KPI non hanno solo un valore informativo: sono la base per la costruzione di piani di miglioramento e per la remunerazione variabile del top management, come avviene in gruppi come Eni, Hera e Poste Italiane.
La tendenza più recente è quella di integrare i KPI ESG nei sistemi di Enterprise Risk Management (ERM), per valutare come le scelte di sostenibilità incidano sul profilo complessivo di rischio aziendale.
Le tre dimensioni della sostenibilità: ambiente, sociale e governance
· Ambiente: la sostenibilità come leva di efficienza e innovazione
Negli ultimi anni molte aziende italiane hanno tradotto le strategie ambientali in risultati concreti. È il caso di Enel, che nel suo Sustainability Report 2024 ha evidenziato una riduzione significativa delle emissioni di CO2 e un aumento della capacità rinnovabile installata. Ogni tonnellata di CO2 evitata non rappresenta solo un dato ambientale, ma un indicatore economico di efficienza e competitività.
Un’altra esperienza viene da Pirelli, che ha integrato la sostenibilità nella catena del valore attraverso il progetto “Eco-Safety Design”, migliorando sicurezza e riducendo impatti ambientali. Nel report aziendale si legge che “la sostenibilità è un fattore di innovazione continua”, capace di generare valore industriale oltre che ambientale.
· Sociale: il capitale umano come investimento strategico
L’impatto sociale della sostenibilità non si misura in slogan ma in risultati organizzativi.
Nel 2024 Intesa Sanpaolo ha destinato oltre 110 milioni di euro alla sanità integrativa e quasi 90 milioni ai bonus fedeltà, oltre a investimenti consistenti in formazione.
Analogamente, Leonardo S.p.A. promuove la parità di genere e le competenze STEM attraverso iniziative incluse nel programma People First, parte integrante della strategia di sostenibilità e delle politiche di Diversity & Inclusion
Governance: la trasparenza come fattore competitivo
Il fattore “G” della sostenibilità è spesso quello meno raccontato, ma è il più determinante per la credibilità complessiva di un’impresa. Una buona governance riduce il rischio e accresce la fiducia degli investitori.
Gruppo ASTM, nel suo Sustainability Report 2020, ha istituito un Comitato Sostenibilità e integrato la materia ESG nei controlli interni, migliorando la qualità della rendicontazione e le condizioni di accesso al credito.
Allo stesso modo, Eni ha collegato la remunerazione variabile dei dirigenti a obiettivi ESG misurabili, dimostrando che quando la sostenibilità entra nei meccanismi di incentivazione, diventa cultura organizzativa.
Misurare la sostenibilità per misurare la credibilità delle azioni messe in campo
Misurare la sostenibilità significa misurare la credibilità. Le aziende italiane più evolute in tema di sostenibilità lo stanno dimostrando: dalla manifattura all’energia, dai servizi finanziari alle infrastrutture, chi integra davvero la sostenibilità nella governance e nella misurazione ottiene vantaggi competitivi duraturi.
La sostenibilità è un investimento strategico. È la capacità di generare ritorni economici e reputazionali attraverso scelte consapevoli, trasparenti e misurabili. Come ricordava Peter Drucker, “ciò che non si misura, non si può gestire” - e oggi, ciò che non si misura in sostenibilità, semplicemente non esiste.
La vera sfida è trasformare la sostenibilità in valore. E il valore in governance.


