Come al solito, con la legge di Bilancio 2026 si prevede un po’ di tutto. Il fatto è che i dati, che emergono dal Documento programmatico di Bilancio, non sono certamente rasserenanti. Tra il 2025 ed il 2026 si prevede un rallentamento della crescita globale, per i rischi legati alle tensioni geopolitiche e alle fragilità finanziarie, con il rischio concreto di un rialzo dei tassi di interesse per tenere ferma l’inflazione. L’economia italiana, dal canto suo, è prevista in crescita più lenta delle aspettative; per il 2025 è stimato un risicato 0,5 per cento, che crescerà allo 0,6 per cento nel 2026 con un rapporto debito/Pil previsto al 136,2 per cento. Insomma, non proprio numeri per i quali stare allegri.
Ebbene, in questo quadro, ben si comprende come gli interventi programmati siano ispirati a generale prudenza. Non si largheggia certamente, insomma, al di là della vulgata che si può leggere sui giornali.
Sono diverse e non tutte coerenti le misure previste.
Da un lato è prevista una riduzione della pressione fiscale relativa all’Irpef, con la riduzione della seconda aliquota dell’IRPEF (scaglione tra 28 e 50mila euro), che passa dal 35 per cento al 33 per cento. Dall’altro, si prevede al contempo che per i contribuenti titolari di un reddito complessivo superiore a 200.000 euro l’ammontare della detrazione dall’imposta lorda spettante per taluni oneri sia diminuito di un importo pari a 440 euro (per gli oneri la cui detraibilità è fissata nella misura del 19 per cento, fatta eccezione per le spese sanitarie; per le erogazioni liberali in favore dei partiti politici; per i premi di assicurazione per rischio eventi calamitosi). L’impressione, insomma, è che al taglio previsto per alcuni contribuenti si accompagna un inasprimento dell’imposizione per altri. Per inciso, come sempre, il gioco delle tre carte è fatto tra i soli contribuenti che dichiarano, finendo per penalizzare proprio quelli più virtuosi, ossia che dichiarano di più.
Come nelle migliori serie televisive, poi, si rinnova ancora la rottamazione delle cartelle (ma il passato, evidentemente non insegna), anche se la misura è riservata a specifiche categorie di contribuenti. È infatti prevista la rottamazione solo per i mancati versamenti delle imposte o dei contributi previdenziali, con esclusione delle cartelle emesse a seguito di accertamento.
Si inasprisce l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero realizzati da persone fisiche che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia; l’importo dovuto forfetariamente dal contribuente, che si trasferisce in Italia, è infatti innalzato a 300.000,00 euro e, in caso di opzione per l’applicazione del regime di favore anche ai familiari, l’importo forfetario dovuto per ciascun familiare è portato a 50.000,00 euro. Ancora una volta, si evita di mettere mano alla misura, nonostante le critiche che anche a livello internazionale sono piovute sul nostro Paese, per renderla solo meno appetibile, come se questo potesse bastare.
Si prevede, ancora una volta, un contributo dal sistema bancario ed assicurativo. Per i periodi d’imposta 2026, 2027 e 2028 aumenta di due punti percentuali l’Irap per banche e assicurazioni: rispettivamente dal 4,65 per cento al 6,65 per cento e dal 5,90 per cento al 7,90 per cento. È stato anche modificato il regime di esclusione per i dividendi percepiti dagli imprenditori e dalle società o enti residenti, limitando l’accesso a detto regime alle partecipazioni non inferiori al 10 per cento. Per le partecipazioni sotto al 10 per cento, quindi, si applica la tassazione piena. Si tratta di una misura di forte rottura, chiaramente non sistematica (il richiamo alla direttiva madri e figlie appare fuori luogo, posto che la direttiva aveva un obiettivo preciso, ossia il rafforzamento competitivo delle imprese, ma certo non aveva visioni sistematiche) posto che avvalla una doppia imposizione economica, che finisce per rendere taluni investimenti (con catene societarie lunghe) assolutamente non praticabili.
È anche previsto l’aumento dell’aliquota sulla cedolare secca al 26 per cento sul primo immobile, ma solo per chi si affida a intermediari immobiliari o portali telematici, mentre resta al 21 per cento per gli altri. Infine, è prorogata al 31 dicembre 2026 la sterilizzazione della plastic e sugar tax. Di fatto, la telenovela continua.
Insomma, una varietà di misure, senza però un ordine né una strategia. Un po’ si dà ed un po’ si toglie, come sempre, verrebbe da dire. Sennonché, questa reiterazione compulsiva a riproporre modelli di intervento frammentari, sporadici, bagatellari, non si riesce più a spiegare. Il sistema paese è in affanno ed il futuro non promette bene. Sarebbe quindi il caso di affrontare la questione con metodo e sistema. Uscire dalle logiche delle misure tampone, dei micro interventi, delle elargizioni pseudoclientelari. Il sistema tributario, in particolare, merita certezza, sistematicità e coerenza. Soprattutto oggi che si vorrebbero introdurre i codici. Perché, con una legislazione come questa, quanto potrebbero durare dei codici?


