L'uso distorto dei negozi giuridici può determinare l'abuso del diritto solo in casi residuali
di Dario Deotto e Luigi Lovecchio
Una volta verificata la natura indebita del vantaggio fiscale conseguito dal contribuente, l’abuso del diritto potrebbe emergere, tra l’altro, dall’uso “distorto” e non “fisiologico” degli strumenti utilizzati. Questo passaggio dell’atto di indirizzo del vice Ministro Leo sui criteri applicativi della disciplina di contrasto all’abuso del diritto, di cui all’articolo 10 bis, legge 212/2000, è stato utilizzato spesso a sproposito dalla giurisprudenza di vertice per contestare la natura elusiva di talune operazioni.
Va detto, peraltro, che il suddetto atto di indirizzo si pone, in molti punti, in una posizione di consapevole contrapposizione con la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Si pensi alla sostanziale “residualità” dell’elemento dell’essenzialità del vantaggio fiscale indebito. O, ancora, alla rilevanza data nel documento alla necessità che, in presenza - non di operazione singola ma - di una concatenazione negoziale, sia ravvisabile un collegamento tra di esse, funzionale al perseguimento del vantaggio fiscale indebito. Ne deriva che i singoli negozi giuridici realizzati, ove privi di tale collegamento, in quanto frutto, ad esempio, di valutazioni imprenditoriali variabili nel tempo, non possono essere contestati.
Questo significa che il passaggio sull’uso distorto e non fisiologico degli strumenti giuridici utilizzati va comunque inquadrato all’interno della logica che governa l’intero documento di indirizzo.
Ed, allora, è corretto in primo luogo considerare che l’uso distorto dello strumento giuridico viene in rilievo anch’esso in via residuale, come tutto l’istituto dell’abuso del diritto, una volta che sono stati esclusi tanto il legittimo risparmio d’imposta che l’evasione fiscale.
In questo modo dovrebbero essere scongiurati, almeno nell’ottica dell’Amministrazione finanziaria, eventuali eccessi interpretativi cui l’espressione prima riportata inevitabilmente si presta.
Ed invero, come si fa a stabilire che un certo istituto è stato applicato in modo distorto o fisiologico? Se non ci fosse l’espresso salvacondotto della relazione illustrativa all’articolo 10 bis, ripresa testualmente nell’atto di indirizzo, si potrebbe anche sostenere che la fusione è per sua natura fisiologica nella ordinaria dinamica aziendale d’impresa, volta a potenziare l’attività commerciale. Non lo è invece quale succedaneo della liquidazione. Insomma, si scivola sul piano inclinato della sindacabilità delle scelte imprenditoriali che, come insegna l’esperienza recente e passata, porta spesso a valutazioni connotate da un eccessivo grado di discrezionalità.
Si è invece dell’avviso che il criterio dell’uso distorto degli strumenti giuridici debba essere dosato con molta attenzione, in modo da essere applicato in casi veramente estremi, che non possano essere giustificati altrimenti se non con condotte manifestamente abusive.
Lo spin off immobiliare di un’impresa commerciale, funzionale alla trasformazione agevolata in società semplice della beneficiaria e alla successiva cessione a terzi degli immobili assegnati non può mai considerarsi un uso distorto degli istituti in esame ma costituisce un atto di lecita pianificazione fiscale. Il documento del Mef appare un passo nella giusta direzione che, si spera, venga coerentemente applicato dagli uffici, di modo da prevenire il rischio, sempre latente, dell’intervento spesso “sopra le righe” dei giudici di vertice.