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L’udienza tributaria da remoto non può essere fatta al telefono!
Fisco

L’udienza tributaria da remoto non può essere fatta al telefono!

di Andrea Gaeta

lug 23, 2025
∙ A pagamento
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L’udienza tributaria da remoto non può essere fatta al telefono!
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Con l’ordinanza n. 20836 del 23 luglio 2025, la Corte di cassazione torna sul tema, assai attuale, delle modalità di partecipazione alle udienze pubbliche da remoto, dichiarando nulla la sentenza d’appello emessa da un collegio in cui uno dei giudici risultava connesso solo telefonicamente (cosa di cui si era dato addirittura atto nel verbale). A distanza di cinque anni dall’introduzione delle prime misure emergenziali per la celebrazione delle udienze tributarie a distanza, la pronuncia suona come un monito: non è sufficiente “esserci”, ma occorre esserci nel modo giusto, ovvero nel rispetto delle regole tecniche che garantiscono pubblicità, oralità e contraddittorio effettivo.

Il caso non è affatto isolato. Chi frequenta le udienze da remoto sa bene quanto sia frequente assistere a collegi “monchi”, in cui è visibile un solo Giudice e diventa difficile anche solo capire chi stia parlando. Capita di non vedere la controparte, di sentire voci che si accavallano, di assistere a discussioni “a vuoto” con echi e riverberi che rendono impossibile ogni confronto, con sedie vuote o giudici palesemente presi da altro.

Per non parlare del “limbo” che precede l’avvio del collegamento, quando la Parte si trova al cospetto della schermata «questa è la sala virtuale. Attendere di essere ammessi…» di Skype for Business … e magari dopo una lunga attesa scoprono che l’udienza si è appena conclusa in loro assenza.

In questi casi, più frequenti di quanto si possa immaginare, si ha l’impressione che l’oralità sia stata smarrita e con essa, inevitabilmente, anche l’essenza del contraddittorio e la funzione del processo; per non parlare della lesione del decoro della professione.

Nel caso in esame, l’udienza era stata convocata su istanza della parte appellata, la quale aveva richiesto la trattazione pubblica a distanza. Sebbene, come risulta dal verbale, uno dei componenti del collegio fosse collegato tramite semplice collegamento telefonico, il collegio aveva comunque proceduto alla discussione e trattenuto la causa in decisione.

La Corte ha ritenuto insanabile il vizio di costituzione del giudice, perché la modalità telefonica non garantisce né la pubblicità dell’udienza né l’effettività del contraddittorio. Il collegamento audiovisivo è infatti l’unico mezzo tecnicamente idoneo ad assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità e udibilità dei partecipanti, come richiesto dall’articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 119 del 2018 e dall’articolo 3 del Decreto direttoriale MEF n. 46 del 2020, entrambi espressamente richiamati dal legislatore emergenziale all’articolo 27 del decreto-legge n. 137 del 2020.

La presenza “telefonica” di uno dei giudici, osserva la Corte, non consente di accertare se egli abbia realmente seguito la discussione, né tantomeno consente alle parti di percepirne la partecipazione. Viene così a mancare non solo la pubblicità dell’udienza, ma anche il requisito della regolare costituzione del collegio, in violazione dell’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 545 del 1992, che impone la presenza simultanea di tre giudici effettivamente partecipanti.

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