L’oscurità dei dati utilizzati dall’Agenzia delle Entrate ai fini dell’attività accertativa
di Andrea Gaeta e Maurizio Nadalutti
Sovente, in particolare nel contesto degli accertamenti induttivi o analitico-induttivi, gli uffici amministrativi effettuano delle rettifiche ricorrendo a raffronti tra i dati reddituali dei soggetti verificati e quelli dei contribuenti ritenuti “omogenei” e “affidabili” sulla base delle risultanze degli ISA. Questi ultimi soggetti vengono nello specifico selezionati mediante applicativi (è il caso di “RADAR”) in grado di compiere interrogazioni “massive” dell’Anagrafe tributaria. I dati presi a riferimento sono generalmente di tipo reddituale, come il ricarico applicato ai prodotti o la redditività dell’attività imprenditoriale.
Gli uffici, tuttavia, non forniscono gli estremi identificativi dei soggetti che formano il campione assunto per ricavare i dati utilizzati ai fini comparativi, nemmeno su esplicita richiesta del contribuente. A giustificazione di tale condotta, gli uffici invocano spesso la tutela della riservatezza dei terzi.
È evidente però che, così operando, si produce una grave compressione dei diritti del contribuente.
Per quanto consta, la questione non è mai stata affrontata dalla Suprema Corte: ne è prova la recentissima ordinanza interlocutoria n. 26779 del 6 ottobre 2025, che ha ritenuto di rinviare la causa alla pubblica udienza proprio per la particolare rilevanza del tema. Nel caso esaminato, l’ufficio aveva ricostruito i ricavi di una società “esterovestita” utilizzando il metodo induttivo puro di cui all’articolo 41 del Dpr n. 600/1973, sulla base di un campione di imprese tratte dall’Anagrafe tributaria ma con oscuramento dei dati identificativi.
La CTR aveva ritenuto illegittimo l’accertamento, osservando che la contribuente non poteva valutare l’attendibilità del raffronto in assenza di qualsiasi riferimento ai soggetti selezionati, nonostante l’Amministrazione finanziaria avesse sostenuto che l’oscuramento dei dati identificativi non incide sul diritto di difesa, trattandosi di presunzioni “supersemplici” consentite in caso di omessa dichiarazione.
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