L'organizzazione dello studio professionale non è un'”una tantum”
di Michele D’Agnolo
In molti studi professionali, l’organizzazione viene spesso considerata un’attività accessoria, da affrontare nei momenti di relativa calma o quando le inefficienze diventano talmente evidenti da non poter più essere ignorate.
Un po’ come le pulizie di Pasqua: ci si arma di buona volontà, si dedica una giornata intensa alla riorganizzazione degli archivi, alla sistemazione delle scrivanie e al riordino dei processi. E poi, una volta finito, si torna a lavorare come prima, lasciando che il disordine torni lentamente a prevalere.
Ma questa visione è non solo sbagliata, ma anche dannosa per la crescita e la serenità dello studio.
Ogni studio professionale è un organismo vivo, in continua evoluzione. Anche senza interventi esterni, il semplice trascorrere del tempo porta a un aumento naturale della complessità e del disordine: pratiche che si moltiplicano, documenti che si stratificano, procedure che si appesantiscono, ruoli che si sovrappongono.
Questa entropia organizzativa è inevitabile in qualsiasi organizzazione. Se non viene gestita attraverso un’attività costante di monitoraggio e miglioramento, rischia di soffocare la produttività e minare la qualità dei servizi offerti ai clienti.
Organizzare non significa quindi “rimettere a posto” ogni tanto: significa creare e mantenere quotidianamente un sistema flessibile e ordinato, capace di adattarsi alle esigenze di uno studio professionale moderno. È per questo che esistono i manager, una figura con ruoli che i professionisti non sempre riconoscono. Persone che non fanno ma fanno fare, persone che riorganizzano sulla base delle risorse che hanno a disposizione per raggiungere comunque gli obiettivi prefissati.
Oggi, gli studi professionali si trovano a fronteggiare cambiamenti continui su diversi fronti:
- tecnologia: nuovi software, automazioni, strumenti di comunicazione e gestione documentale richiedono aggiornamenti frequenti e ripensamenti dei processi di lavoro;
- clienti: la base clienti evolve continuamente, si diversifica, cambia le sue esigenze e le sue aspettative nei confronti dello studio, è continuamente corteggiata da altri;
- collaboratori: le persone che lavorano nello studio crescono, cambiano ruolo, entrano ed escono, portando nuove competenze ma anche nuovi bisogni organizzativi;
- dimensione dello studio: molti studi stanno vivendo una crescita significativa, sia organica sia attraverso aggregazioni o acquisizioni. Una dimensione maggiore implica strutture più complesse, livelli gerarchici più articolati, la necessità di standardizzare i processi e di migliorare la comunicazione interna;
- multidisciplinarietà: gli studi si aprono sempre più a una gamma di competenze integrate – fiscali, legali, societarie, finanziarie, tecniche – per offrire ai clienti soluzioni complete. La presenza di team multidisciplinari richiede modelli organizzativi capaci di coordinare professionalità diverse e di favorire la collaborazione tra aree di competenza eterogenee.
Ogni cambiamento – tecnologico, di mercato, di persone, di struttura o di contenuti professionali – è una piccola scossa all’assetto dello studio. Se non viene affrontato tempestivamente con un’attività organizzativa costante, il rischio è che si creino colli di bottiglia, si perda efficienza e si aumenti il rischio di errore.
Ma c’è di più. Mantenere uno studio semplicemente “in ordine” è già un compito impegnativo, simile a quello di curare un giardino: bisogna togliere le erbacce, potare i rami secchi, sistemare il terreno, stagione dopo stagione. Questa attività quotidiana è già faticosa ed estenuante.
Ma quando si vuole non solo mantenere, bensì migliorare il proprio giardino – rendendolo più rigoglioso, più bello, più accogliente – l’impegno richiesto cresce in modo esponenziale.
Lo stesso vale per uno studio professionale: il miglioramento continuo non è una scelta facoltativa, ma una necessità imposta dalle sempre più sofisticate esigenze della clientela e dalle performance e dalla proattività dei competitor. Non basta più essere “organizzati”: occorre evolvere, innovare, perfezionare ogni processo e ogni servizio offerto, sviluppando nuove competenze, adottando tecnologie più avanzate e ridefinendo costantemente gli standard di qualità.
Il miglioramento continuo richiede una cultura di studio aperta al cambiamento, capace di auto-analizzarsi con lucidità, di ascoltare attivamente i segnali del mercato e di mettere in discussione anche le abitudini consolidate. Solo così sarà possibile mantenere il giardino dello studio sempre vivo, fiorente e competitivo.
Organizzare lo studio in modo continuativo significa:
- rivedere e aggiornare continuamente i processi, in modo che siano sempre allineati alla tecnologia disponibile e alle esigenze operative;
- curare la chiarezza dei ruoli e delle responsabilità, assicurandosi che ogni collaboratore sappia esattamente cosa ci si aspetta da lui;
- promuovere una cultura di miglioramento continuo, nella quale ogni membro dello studio è coinvolto nella ricerca di soluzioni più efficienti e nell’adattamento alle novità;
- monitorare sistematicamente le performance organizzative, per individuare tempestivamente i punti di inefficienza e intervenire prima che diventino problemi strutturali.
In conclusione, l’organizzazione efficace di uno studio non si fa “quando si ha tempo”. È un’attività strategica e continua, parte integrante del lavoro del professionista che guida lo studio.
Il professionista deve quindi acquisire le abilità tecniche e relazionali del manager, che non ha mai incontrato nel suo percorso formativo, ma che fortunatamente si possono apprendere e praticare in percorsi specializzati.