L’inesistenza giuridica tra diritto civile, afflizione tributaria e condanna penale: un ponte troppo lungo
di Marco Cramarossa
L’inesistenza è tornata di moda, come un abito prêt-à-porter facile (per i verificatori/accertatori) da indossare. Non quella oggettiva, materiale, plastica, ma l’inesistenza giuridica. Quella che non si vede, ma si deduce; che non si misura in tonnellate o in ore lavorate, ma che consiste in divergenze giuridiche. L’ultima parola – per ora – l’ha detta la Cassazione con la sentenza n. 14200 del 28 maggio 2025, riportando in auge una nozione che più di ogni altra ha il sapore dell’incapacità di lasciarla andare o comunque di “misurarla” secondo altre modalità.
Il caso è il seguente: una cooperativa sociale emette fattura per attività di facchinaggio. La prestazione c’è, i lavoratori pure, il trasporto della merce anche. Ma secondo l’Agenzia delle Entrate – e anche per i giudici di legittimità – la cooperativa è soggetto interposto, un involucro cartolare, e l’appalto non è genuino. Non conta che l’operazione sia realmente avvenuta: ciò che rileva è chi l’ha resa, e soprattutto come. Se il committente (interponente) dirige, organizza, controlla i lavoratori, l’appalto dissimula una somministrazione di manodopera irregolare: il contratto è giuridicamente invalido, dunque l’operazione è, appunto, inesistente.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Blast - Quotidiano di diritto economia fisco e tecnologia per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.