Sta facendo discutere, in questi giorni, l’istruttoria che l’AGCM ha avviato nei confronti del Consiglio Nazionale Forense, in relazione all’ipotesi che la disciplina sull’equo compenso, così come recepita dal codice deontologico forense, possa rappresentare un’intesa restrittiva della libera concorrenza, e quindi contraria all’articolo 101 TFUE.
La questione relativa all’equo compenso degli avvocati ha iniziato a imporsi sempre più frequentemente negli ultimi anni, di fronte a una progressiva crisi reddituale dei professionisti, causata anche da una concorrenza sempre più al ribasso.
A questa tendenza, provò a porre rimedio la Legge 49/2023, introducendo una nuova e organica disciplina in materia di equo compenso nel mondo delle professioni.
Oltre a prevedere la sanzione civilistica della nullità relativa delle clausole inique, all’interno del contratto di incarico professionale (a esclusivo vantaggio e discrezione, cioè, del solo professionista), il legislatore ha onerato i consigli nazionali di adottare nuove disposizioni deontologiche che spingano i professionisti a non accettare condizioni economiche svantaggiose.
Ecco, quindi, che si è introdotto, all’interno del codice deontologico forense, l’articolo 25-bis, il quale sanziona con la censura l’avvocato che concordi un compenso iniquo e non proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato secondo i parametri forensi vigenti.
L’Antitrust è però preoccupata del fatto che l’equo compenso, come attualmente strutturato, possa rappresentare un’intesa anticoncorrenziale, portando a un regime in cui i professionisti non possano negoziare liberamente i propri compensi.
Naturalmente, affinché la disciplina euro-unitaria sull’antitrust possa applicarsi è necessario che l’intesa anticoncorrenziale riguardi imprese o associazioni di imprese: l’AGCM ha quindi supposto che pure il Consiglio Nazionale Forense rappresenti un’associazione di imprese.
È in particolare questo l’aspetto che più viene contestato.
Sia l’Unione Nazionale delle Camere di Commercio, sia l’Associazione Italiana Giovani Avvocati, hanno infatti evidenziato che sarebbe sbagliato considerare l’avvocato come un normale imprenditore, perché si svilirebbe il ruolo di garante del rispetto del diritto, che la professione ricoprirebbe.
In questo contesto, quindi, l’equo compenso rappresenterebbe unicamente uno strumento che può garantire una retribuzione proporzionata alla complessità della prestazione professionale, oltre al fatto che la previsione dell’articolo 25-bis del codice deontologico forense non è il frutto di un accordo tra privati, ma è stato introdotto recependo una precisa previsione di legge.
L’Antitrust, all’interno del proprio provvedimento di avvio dell’indagine, ha però evidenziato come la Legge 49/2023 avrebbe inteso limitare l’applicazione della normativa sull’equo compenso solamente per i rapporti tra i professionisti con i c.d. “grandi clienti”, quali banche, assicurazioni, medie e grandi imprese e pubblica amministrazione: è proprio in questi casi, infatti, che l’avvocato può subire una maggiore pressione ad accettare un accordo al ribasso sui compensi, considerando la particolare forza economica del cliente.
Al contrario, l’articolo 25 bis del codice deontologico forense sembra applicarsi a qualunque rapporto.
Nell’attesa di scoprire quali frutti porterà l’istruttoria, non possiamo comunque non interrogarci su quale sia stato l’effettivo impatto della disciplina dell’equo compenso sul reddito dei professionisti.
Se è vero, infatti, che nell’ultimo anno i redditi medi degli avvocati sono aumentati, non possiamo di certo sapere quanto di ciò dipenda dall’introduzione della normativa sull’equo compenso e non, per esempio, dalla diminuzione del numero degli iscritti all’albo, o dall’introduzione delle nuove tabelle professionali.
Dall’altro lato, non è ovviamente possibile verificare se qualcosa sia davvero cambiato nei rapporti tra gli avvocati e i grandi clienti, ossia quelli, come appena accennato, da cui la normativa sull’equo compenso è stata in primo luogo congegnata.