LEGGER(MENTE) – LE RECENSIONI DI BLAST – La mappa delle culture
di Chiara Fiorino
La globalizzazione è un processo che qualcuno fa risalire alle grandi conquiste coloniali del XVII secolo, altri agli anni Ottanta del Novecento, con la crescente integrazione dei mercati e della finanza, l’avvento di Internet e la possibilità, per un numero sempre maggiore di persone, di entrare in contatto con culture anche molto diverse dalla propria.
Tuttavia, nonostante viviamo da decenni in una realtà globale, in cui le culture si incontrano (o si scontrano) quotidianamente, molti di noi continuano a pensare “locale”, secondo regole, abitudini, usanze e costumi acquisiti sin dall’infanzia e che ci fanno vedere il mondo tramite “lenti” che crediamo universali, ma che universali non sono. E che, soprattutto in realtà lavorative multinazionali, possono creare attriti, incomprensioni o vere e proprie crisi diplomatiche.
Questo suggerimento di lettura ci accompagna alla scoperta delle “lenti” dei nostri colleghi d’oltreconfine, rivelandoci, allo stesso tempo, quanto, per loro, i cittadini di un singolo Paese non siano poi così diversi.
Buona lettura!
Il libro si apre con il racconto di come l’autrice, esperta di gestione delle differenze culturali nei contesti lavorativi, sia caduta, nonostante le sue competenze, nell’errore di aspettarsi che un collega cinese avrebbe agito come un occidentale durante una consulenza. Tale aspettativa, ovviamente disattesa, ha messo a rischio la riunione, salvata in corner dopo attimi di panico. E non per incapacità o incompetenza delle persone coinvolte, ma per una questione culturale che unisce l’aspetto più superficiale e più noto degli stereotipi a quello più articolato e profondo del diverso approccio con cui le diverse culture affrontano tematiche universali come la comunicazione e l’organizzazione.
Il libro illustra le modalità con cui le persone, a prescindere dal carattere personale, dal livello di istruzione o dal ruolo professionale, tendono a comportarsi in modo coerente con la propria cultura di provenienza. Modalità che sono analizzate tramite otto “aree chiave” che interessano qualsiasi realtà lavorativa: dalla comunicazione alla valutazione, dalla leadership alle modalità decisionali, passando dalla gestione del disaccordo e del tempo fino al grande tema della costruzione della fiducia (professionale e non solo).
In ogni capitolo vengono così esaminate, partendo da episodi reali, le difficoltà con cui manager e professionisti devono confrontarsi quando escono dai confini nazionali per collaborare con colleghi, clienti e fornitori con il passaporto di un colore diverso dal loro a causa del diverso posizionamento dei rispettivi Paesi sulle singole scale. Posizionamento che non è assoluto, ma sempre relativo tra due (o più) realtà e che fornisce le informazioni utili su come riconoscere, comprendere e gestire le differenze comportamentali che, se non riconosciute e gestite, possono trasformarsi in problemi.
Inevitabile l’obiezione, legittima quanto spontanea, che anche all’interno dei singoli Paesi ci sono enormi differenze. Un milanese, ai nostri occhi, è molto diverso da un napoletano, come per un americano c’è un abisso tra un texano e un newyorkese. Eppure, per il resto del mondo, i primi due sono italiani e gli ultimi due sono americani, con tutto quello che, in termini di immaginario collettivo, questo comporta. L’autrice, anche in questo caso, parte dalla propria esperienza personale per evidenziare come la cultura “nazionale”, se vista con le lenti dello straniero, prevale sulle caratteristiche locali, aiutando anche a creare una maggiore consapevolezza dell’immagine (o meglio, delle immagini) che ogni Paese proietta nel mondo.
Oltre le scale e le problematiche, vengono proposte anche soluzioni all’apparenza semplici su come superare gli scogli interculturali e creare relazioni professionali transfrontaliere efficaci, sicure e accoglienti. Semplici, se si sa dove guardare, si supera l’idea che esista un solo modo di comunicare, agire o decidere e si voglia costruire team interculturali in grado di esprimere il massimo potenziale di ciascun membro, grazie (anche) alle differenze culturali.
Perché leggerlo: Per imparare a vedere le diversità culturali e i loro effetti sulla quotidianità lavorativa. David Foster Wallace aprì suo discorso al Kenyon College del 2005 con la “storia dei pesci e dell’acqua”: i pesci, che nascono e vivono immersi nell’acqua, non sono consapevoli dell’elemento in cui vivono, ma lo danno per scontato e naturale.
La cultura è come l’acqua per i pesci: ci circonda e permea così nel profondo la nostra vita che, se non ci pensiamo, non riusciamo a vederla. Questo libro, divulgativo e scorrevole, offre la possibilità di mettere la testa fuori dalla propria “acqua”, di sviluppare lo spirito d’osservazione e la prospettiva necessari per riconoscere le differenze culturali e renderle non un ostacolo, ma un valore aggiunto.
Lascia perdere se: hai già dimestichezza ed esperienza con le realtà multiculturali e non ti stupisci dei differenti approcci con cui le persone delle varie aree del globo affrontano i vari aspetti della quotidianità lavorativa. In questo caso il libro potrebbe risultare banale, anche se, grazie alle otto scale in cui i Paesi analizzati vengono messi in relazione tra loro, il testo potrebbe aiutarti a sistemizzare la tua esperienza e a dare un contesto a quelle che, fino ad oggi, sono state deduzioni e sensazioni personali.



