L’Editoriale - Estensione del reverse charge IVA e “caccia” ai finti appalti: dubbi di coerenza
di Massimo Sirri
La rimozione da parte del Dl 84/2025 di alcune limitazioni (prevalenza della manodopera e utilizzo dei beni strumentali del committente) all’applicazione dell’inversione contabile negli appalti del settore dei trasporti e della logistica, introdotta dalla legge di bilancio 2025, è stata accolta con favore dagli operatori. Della scelta legislativa è evidentemente apprezzata la possibilità di sottrarsi agli effetti delle frequenti contestazioni che vedono coinvolti i committenti a causa dell’infedeltà fiscale degli appaltatori. Sarà infatti il committente ad assolvere l’IVA in luogo del prestatore.
Tutto bene, quindi? È lecito dubitarne. E non perché la norma, in una sua precedente più ampia formulazione senza limitazioni settoriali, ha già ricevuto la bocciatura degli organi comunitari (comunicazione UE COM (2020) 243 final), bocciatura che, prima ancora, aveva colpito l’estensione del reverse charge ai rapporti consorziato/consorzio quando il consorzio fattura a un committente in split payment. Ma perché essa non tocca il nocciolo della vicenda. I rilievi, infatti, si concludono con la richiesta dell’Iva (normalmente ritenuta indetraibile), essendo messa in discussione la “genuinità” del rapporto che viene ricondotto a una somministrazione “illecita” di manodopera, come tale non soggetta a imposta.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Blast - Quotidiano di diritto economia fisco e tecnologia per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.