L’Editoriale - Dazi e fiscalità delle Bigh tech. Quale diritto con verità potrebbe assicurare effettivamente reciprocità e pace?
di Marco Versiglioni
La fiscalità internazionale dei servizi digitali (e, come si dirà, del data mining) ha probabilmente concorso a innescare il nuovo corso unilaterale e conflittuale che stiamo vivendo in materia di dazi. Così, la tregua parziale attuata dagli Stati Uniti ci invita a riflettere su come poter evitare ulteriori contrasti sul fronte del riparto internazionale delle pubbliche entrate relative ai servizi digitali. Occorre, cioè, evitare che si replichi quanto accaduto sin qui per le merci. In effetti, preoccupa l’idea di una reazione unilaterale UE volta a colpire i colossi tech degli Stati Uniti attraverso una “nuova” Web tax sui servizi digitali o una nuova “accisa digitale”; idea, questa, che troverebbe giustificazione nel ritenere “conflittuali” e “illogici” i nuovi dazi sulle importazioni di merci imposti unilateralmente dagli USA. Quanto alla loro “conflittualità”, essa sembra non dubitale perchè essi sono all’evidenza caratterizzati dalla “conflittualità” tipica del diritto senza verità (*), ossia del diritto che, come il recente decreto Trump, non è reso invalido dalla falsità delle sue premesse (quale, ad esempio, quella secondo la quale l’Europa applicherebbe alle merci provenienti dagli USA Tariffs pari al 39 per cento). Per altro verso, però, quei dazi non sembrano facilmente qualificabili “illogici”. In effetti, se, così come pare, si ritenessero conflittuali (ossia, senza verità) anche le tasse (DSTs) introdotte a suo tempo unilateralmente da Francia, Gran Bretagna e Italia sui servizi digitali, allora dovrebbe ritenersi logica (meglio, ‘con verità’) la reazione “conflittuale” (degli USA) a un’azione “conflittuale” (di Francia, Gran Bretagna e Italia). In definitiva, il vulnus arrecato all’ordine mondiale dal recente decreto Trump non si riscontrerebbe tanto nella sua asserita illogicità (assoluta), quanto, se mai, nel carattere originario del diritto unilaterale, autoritario e non relazionale (senza verità), che è costituito dal non poter esso prescindere da un prima e un dopo (da un’azione e una reazione). Per contro, il diritto plurale, democratico e relazionale, in uno, il diritto con verità (*), vale dire il diritto falsificabile se non idoneo a rendere vera la relazione tra sé e un parametro relazionale (costituzionale, europeo, internazionale etc.), può prescindere da un prima e da un dopo, perché dà a ciascuno il suo e riceve da ciascuno il suo senza un prima e senza un dopo, e così via all’infinito (la tregua, imprevista, ne costituisce un sintomo). In questo modo, appunto ‘con verità’, può meglio garantirsi il permanere e l’implementarsi di condizioni di pace laddove queste sussistono e creare nuove condizioni di pace ove tali condizioni mancano. Questa forse la via, matematica, nella quale, se l’obiettivo ultimo fosse la pace, si dovrebbe procedere per trovare soluzioni coerenti con tale obiettivo, in specie in questo periodo di tregua. Se questa ipotesi metodologica fosse condivisa, allora i due distinti problemi (i servizi digitali e il data mining) potrebbero essere affrontati con modi nuovi sia nei diritti con verità, sia nei diritti senza verità (ossia nei diritti dei Paesi nei quali vive la maggior parte della popolazione mondiale).
Per quanto concerne i servizi digitali, se si assumesse come reddito tassabile il reddito liquido (*), in luogo dell’attuale reddito economico, e si implementasse la sostituzione liquida (*), in luogo dell’attuale disciplina dei sostituti di imposta, allora, pensando al caso Italia-Usa, poiché l’acquisto di questi servizi implicherebbe pagamenti digitali da parte dell'operatore residente in Italia (Paese di destinazione) verso l’operatore residente negli Stati Uniti che non avesse una stabile organizzazione in Italia o che non avesse un conto corrente bancario (qualified account) in Italia destinato al calcolo del reddito liquido, potrebbero immaginarsi le seguenti ipotesi. Poiché il reddito diventerebbe imponibile quando divenisse liquido e poiché tutti i flussi liquidi in entrata sarebbero soggetti a una ritenuta d'acconto sul reddito del percipiente, allora il web, essendo costituito da pagamenti digitali, sarebbe l’ambiente ottimale per la sostituzione liquida, ossia per uno strumento generale applicabile veramente a “tutti”, senza alcuna disparità di trattamento. Infatti, diversamente da quelle che sembrano essere le attuali intenzioni europee, le multinazionali del web non verrebbero trattate unilateralmente (cioè producendo unilateralmente diritto senza verità e) utilizzando logiche prive del criterio di uguaglianza, come si farebbe ricorrendo ad una “Web tax unica” dedicata a taluni “singoli”, ma verrebbero trattate allo stesso modo di tutte le altre, cioè come tutti gli altri soggetti residenti o non residenti con o senza stabile organizzazione in Italia. La multinazionale che ricevesse un flusso di liquidità da un conto qualificato presso l'Agenzia delle Entrate in Italia sarebbe soggetta a una ritenuta d'acconto personalizzata (con aliquota compresa tra l’1 per cento e il 5 per cento) se la multinazionale avesse una stabile organizzazione in Italia o, in caso contrario, se avesse un conto qualificato in Italia tramite un rappresentante fiscale, e a una ritenuta alla fonte definitiva (con aliquota non inferiore al 15 per cento) se, in qualità di non residente, scegliesse, di sua spontanea volontà, di non nominare un rappresentante fiscale e dichiarare un conto qualificato in Italia.
Per quanto riguarda invece il data mining, ossia l’estrazione di meri dati, un diritto con verità tratterebbe logicamente il fenomeno secondo il senso etico, comune a “tutti”, che da molti decenni si riserva ovunque a chi estrae e crea valore da ciò che per altri non avrebbe alcun valore senza l’azione di chi lo estrae. Una legge con verità dovrebbe qualificare le risorse minerarie costituite da meri dati (etici o scientifici) quali beni indisponibili in quanto (nella loro universalità) costitutivi dell’identità nazionale o regionale di ciascun territorio. Pertanto, il fenomeno non dovrebbe essere trattato ancora una volta unilateralmente con un’imposta o un’accisa riferita a singoli. Il bene comune dovrebbe diventare invece oggetto di accordi tra lo Stato e/o le regioni e le multinazionali del web. Tali accordi, da redigere su modelli internazionalmente condivisi, dovrebbero prevedere il pagamento di una royalty connessa all’estrazione dei dati, chiamata Big Data Royalty (*); con reciproca convenienza, economica e fiscale. Il tutto, secondo la logica che ogni essere umano segue quando, per svitare una vite, usa il suo cacciavite e, per svitare un dado, usa la sua chiave. Solo una logica di questo genere, davvero semplice e comune a tutti, perciò mai oscura o unilaterale, potrebbe forse creare o garantire effettivamente e ovunque condizioni di pace.
(*) Per ragioni editoriali l’asterisco sostituisce l’apice-mv. Per eventuali approfondimenti dei concetti riportati con l’asterisco v. marcoversiglioni.it
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