L’Editoriale - Concordato preventivo, un’adesione sdoppiata che incrementa rischi e oneri
di Simona Baseggio Barbara Marini
Nell’ambito della recente riforma fiscale, l’istituto del concordato preventivo biennale (CPB) si è ritagliato uno spazio ambiguo, oscillante tra l’aspirazione alla semplificazione e la realtà di un sistema che continua a gravare l’operatore di oneri formali e rischi sostanziali. L’ultima novità in ordine di tempo – la possibilità di aderire al CPB con invio “autonomo” del modello, disgiunto dalla dichiarazione dei redditi – è un esempio emblematico di questo scarto tra intenzione e risultato.
Il provvedimento direttoriale del 24 aprile 2025 e il comunicato stampa del 2 maggio hanno formalizzato la doppia modalità di adesione per il biennio 2025–2026: il contribuente potrà inviare il modello CPB congiuntamente alla dichiarazione dei redditi e agli ISA, oppure in via autonoma, limitandosi alla trasmissione del solo modello CPB accompagnato dal frontespizio dei Redditi 2025. In entrambi i casi, la scadenza – almeno secondo quanto prevede lo schema di decreto legislativo correttivo approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri e ora all’esame delle commissioni parlamentari – sarà il 30 settembre 2025, mentre la dichiarazione dei redditi potrà essere trasmessa fino al 31 ottobre.
Apparentemente una facoltà in più. In realtà, un adempimento in più. Perché aderire separatamente al CPB – e farlo entro il 30 settembre – significa avere già completato la determinazione del reddito imponibile relativo all’anno 2024, con tutto ciò che ne consegue in termini di elaborazione contabile e fiscale. È un’anticipazione di fatto della dichiarazione, senza che la scadenza di quest’ultima sia modificata.
L’adesione autonoma, per essere valida, richiede infatti la perfetta coerenza tra i dati trasmessi nel modello CPB e quelli che confluiranno, successivamente, nella dichiarazione dei redditi. Coerenza che costituisce condizione essenziale per evitare la decadenza dal regime, come sancito dall’articolo 22, comma 1 lett. c) del Dlgs. 13/2024. Il rischio, tutt’altro che remoto, è che una modifica sopraggiunta tra l’invio del CPB e quello della dichiarazione – magari su suggerimento del software, o a seguito di una verifica tardiva, o semplicemente un errore di digitazione – comprometta l’intera adesione.
Ed è proprio su questo punto che il sistema mostra il suo limite. I gestionali oggi disponibili sono concepiti per operare un controllo incrociato dei dati solo nel momento in cui la dichiarazione viene trasmessa unitariamente. La scelta di introdurre un canale “autonomo” spezza questa unitarietà, rendendo il controllo una responsabilità esclusiva dell’intermediario, che si trova così a dovere verificare – e garantire – la coerenza tra due flussi distinti.
Si comprende la logica sottesa: lasciare al contribuente la possibilità di scegliere il momento più opportuno per aderire al CPB. Ma si fatica a vederne la reale utilità. Perché chi non ha ancora consolidato il proprio reddito 2024 non potrà comunque procedere. E chi ha già definito i dati utili per l’adesione, non ha alcun vantaggio nel trasmettere prima il CPB per poi, un mese dopo, inviare la dichiarazione. In entrambi i casi, si raddoppia il lavoro e si moltiplicano i margini d’errore.
A ben vedere, l’unico senso che avrebbe avuto introdurre la possibilità di inviare il CPB in via autonoma sarebbe stato quello di lasciare più tempo per valutare l’adesione, subordinandola a una scadenza successiva a quella della dichiarazione. Vi sono infatti situazioni, come nel caso degli studi professionali associati, in cui la decisione di aderire deve essere condivisa da tutti i professionisti: un coordinamento che richiede tempi tecnici spesso incompatibili con una scadenza anticipata rispetto alla dichiarazione, specie se quest’ultima viene chiusa all’ultimo momento utile. Invece, si è scelto di anticipare la scadenza del CPB rispetto a quella della dichiarazione, probabilmente nella preoccupazione che, avvicinandosi alla fine dell’anno, l’adesione si trasformi in uno strumento utilizzato solo da quei contribuenti che – avendo ormai chiaro di avere risultati superiori a quelli proposti – intendano sfruttarlo per ridurre l’imposizione fiscale.
Vi è poi un ulteriore aspetto che merita attenzione. La revoca dell’adesione al CPB può avvenire esclusivamente tramite comunicazione “autonoma”, separata dalla dichiarazione dei redditi, sempre entro il 30 settembre. Non si comprende però perché mai un contribuente che abbia aderito con comunicazione autonoma non possa, entro il termine di scadenza, revocare l’adesione direttamente attraverso la dichiarazione dei redditi, anziché dovere trasmettere un’ulteriore comunicazione separata. Anche su questo fronte, il sistema sembra privilegiare la costruzione formale degli adempimenti, a scapito di una reale integrazione nel flusso dichiarativo.
In un contesto in cui il CPB fatica a raccogliere consensi – anche a causa di una percezione di rigidità e rischio sproporzionato rispetto ai benefici attesi – l’introduzione di percorsi alternativi avrebbe potuto rappresentare un’occasione per migliorare l’accessibilità dell’istituto. Ma perché ciò avvenga, la flessibilità deve tradursi in semplificazione, non in complicazione mascherata.
Sarebbe bastato prevedere un’unica modalità di adesione, ancorata alla dichiarazione dei redditi, con scadenza unica al 31 ottobre. Una data già conosciuta, già integrata nei processi degli studi professionali e compatibile con le tempistiche di calcolo e controllo. Una soluzione semplice, coerente, e soprattutto più sicura per i contribuenti.