Nella prospettiva di immaginare un processo digitale, un passo che appare oramai inevitabile è quello di ipotizzare una normalizzazione degli atti del processo. Una normalizzazione che passa per la predisposizione di modelli formali con cui elaborare i vari atti del processo. Tutto ciò allo specifico fine di avere atti con una forma unica e ricorrente, che ne consente la lettura digitale.
Questo deve valere, innanzitutto, per gli atti impositivi, che dovrebbero consentire un’immediata decodifica di tutte le informazioni utili al processo: il numero dell’atto, il soggetto che lo ha emesso, quando è stato notificato, l’oggetto della contestazione, la motivazione articolata per punti, separando fatto e diritto, la pretesa, per imposta e sanzioni. Tutte informazioni già presenti, ma che vanno ordinate in modo da consentire a sistemi informatici di elaborare e trattare le informazioni rilevanti.
Lo stesso discorso vale anche per il ricorso, che dovrebbe essere compilato attraverso diversi moduli, in modo da avere una struttura standard che ne consente un’intellegibilità digitale. Quindi, con quadri separati dove inserire le parti, l’atto impugnato, le parole chiave, l’esposizione del fatto ed i motivi di ricorso, graduati secondo prevalenza. Non si tratterebbe più di caricare un ricorso ma di compilarlo direttamente a sistema, secondo una sequenza prestabilita di quadri da compilare.
Ed infine, anche la sentenza dovrebbe seguire un modulo predeterminato. Le sentenze dovrebbero essere compilate per quadri, con cui sono individuate le parti, l’oggetto del contendere, l’esposizione dei fatti ritenuti rilevanti al processo, i motivi della decisione con enunciazione del principio di diritto applicato, nonché il dispositivo e la condanna alle spese.
Tutto questo per consentire al sistema di leggere in autonomia gli atti per estrapolare, in modo immediato e diretto, tutte le informazioni utili.
In relazione agli atti impositivi, la loro codifica dovrebbe consentire al sistema, di individuare il legittimato passivo, cui notificare un alert ovvero il ricorso, nonché calcolare il contributo unificato.
Con riguardo ai ricorsi, la loro codifica permetterebbe di operare un vaglio di ammissibilità direttamente dal sistema, che, oltre a bloccare i caricamenti non conformi ai protocolli (per il formato utilizzato, la presenza di virus, l’assenza di procura), potrebbe in automatico verificare le condizioni di ammissibilità del ricorso, come la tempestività.
Se occorre attivare un contraddittorio, potrebbe essere già il sistema a procedere direttamente a notificare il ricorso alla parte terza, recuperando la Pec dai registri pubblici.
In questo modo, peraltro, i ricorsi che trattano questioni omogenee potrebbero essere affidati tutti alla medesima sezione.
In relazione alle sentenze, invece, la loro formalizzazione potrebbe consentire di massimarle in tempo reale, nonché di verificarne la conformità con gli orientamenti prevalenti nella Corte o, addirittura, in tutte le corti di merito dell’intero Paese, se non con la Cassazione.
Un’ultima notazione. Il processo digitale non dovrebbe più prevedere l’udienza, neppure da remoto. Del resto, sull’utilità dell’udienza, in generale, si potrebbe aprire un dibattito. Certo è che l’udienza può sortire una qualche utilità solo se il giudice è obbligato a leggere il dispositivo al termine del dibattimento. Perché questo fa presumere che il contraddittorio tra le parti abbia influito sulla decisione. In effetti, una previsione del genere è attualmente prevista (articolo 35 del DLgs. n. 546/1992); sennonché è largamente disattesa, mancando ogni genere di sanzione per il giudice che vi è inadempiente (nonostante la previsione di un termine perentorio).
Per cui l’udienza appare, ad oggi, largamente sopravvalutata rispetto alla sua effettiva utilità. Sopprimendola e, così, costringendo le parti a svolgere l’intero contraddittorio per tramite degli atti, si eviterebbe un adempimento che, ad oggi, appare sovente inutile.
A ben vedere, i tempi sembrerebbero oramai maturi per introdurre un processo digitalizzato. Certo, si tratta di una rivoluzione importante, prima di mentalità che non di forma. Significherebbe ripensare il processo in una dimensione completamente digitale. Magari, sarebbe il caso anche di prevedere un modello unitario per le diverse giurisdizioni, adottato un sistema unico di processo telematico, ferme le differenze procedurali.