C’è ancora strada da fare per il processo tributario digitale.
Parlare di processo tributario digitale impone di svolgere una premessa metodologica, imponendo di distinguere tra processo digitale e processo telematico.
Il processo digitale è il processo pensato e congegnato secondo modelli digitali. Gli atti non sono più su carta e, conseguentemente, gli adempimenti sono pensati e modulati tenendo conto di questo aspetto. Viceversa, il processo telematico è un processo dove gli atti sono ancora pensati su carta, ma vengono implementati taluni adempimenti con soluzioni digitali. Ebbene, noi non abbiamo un processo digitale, bensì un processo telematico che, nella sostanza, è ancora analogico, anche se impiega taluni strumenti digitali. Ma, come visto, è una cosa completamente diversa.
Il processo tributario, nonostante le riforme degli ultimi anni rimane a tutti gli effetti un processo di tipo analogico. Un processo, cioè, pensato secondo una logica cartolare. Ovvero, sull’assunto che tutti gli atti sono scritti su carta.
Il processo tributario rimane un processo dove bisogna prima notificare il ricorso e poi depositarlo in segreteria. Certo, la notifica si fa a mezzo Pec ed il deposito si fa utilizzando il Sigit, che è un portale che consente di caricare a sistema gli atti del processo. Sennonché, anche qui, occorre poi compilare una serie di quadri per dare informazioni che dovrebbero essere già presenti a sistema. E, in ogni caso, il deposito va fatto nei trenta giorni successivi alla notifica. È un processo dove, se il giudice ordina di integrare il contraddittorio, occorre procedere alla notifica del ricorso al terzo. Ancora, è un processo dove occorre firmare gli atti, anche se vengono trasmessi via Pec. Cosa, questa, che è evidentemente figlia della concezione che vede solo nella firma il sugello della paternità di un atto, quando la Pec dovrebbe garantire in modo assolutamente analogo l’identificazione ed unicità del mittente.
Appare evidente, insomma, che il processo tributario è rimasto un processo analogico/cartolare, dove semplicemente è stata introdotta la digitalizzazione come surrogato di peculiari modalità analogiche: la comunicazione delle sentenze che avviene a mezzo Pec, in luogo del deposito cartaceo, la notifica, che avviene a mezzo Pec e non più con l’invio del piego senza busta per raccomandata, il caricamento degli atti nel Sigit in luogo del deposito in segreteria, l’udienza da remoto, che può essere richiesta in luogo dell’udienza in presenza.
Ma resta un processo analogico, esattamente come era stato congegnato nel 1992.
Perché è evidente che la digitalizzazione del processo richiede di rivedere completamente il processo, le modalità di attivazione e di svolgimento.
In un processo digitale non ha senso separare gli adempimenti di notifica e deposito. Questo era chiaramente giustificato quando gli atti erano scritti su carta, per cui occorreva prevedere necessariamente due adempimenti, uno per la vocatio in ius ossia per convenire l’ente impositivo che aveva emesso l’atto, ed un altro per invocare l’intervento del giudice, mediante il deposito in segreteria. Ma oggi che gli atti sono tutti digitali un simile sdoppiamento di adempimenti non pare più giustificato.
In altre parole, si dovrebbe poter accedere al portale del processo, per compilare/caricare il ricorso, che viene contestualmente notificato e depositato direttamente dal sistema, utilizzando i registri delle Pec, senza quindi che vi sia neppure bisogno per il ricorrente di consultare di volta in volta l’IPA. Peraltro, non sembra neanche necessaria la notifica del ricorso, in quanto basterebbe un allert che informa l’ente impositore che è presente un ricorso e che basta accedere al sito per scaricare tutto.
Un altro segno della digitalizzazione del processo dovrebbe essere il superamento dell’onere di compilare quadri con informazioni che, a rigore, dovrebbero essere già a sistema. Questo significa che, innanzitutto, gli atti dovrebbero essere riconosciuti automaticamente dal sistema mediante un sistema di codifica unico ed univoco. Con molteplici fini.
Innanzitutto, il codice di codifica dovrebbe consentire di recuperare in automatico il soggetto che ha emanato l’atto: inserisco il numero e la data dell’atto ed in automatico il sistema mi riconosce l’ente che ha notificato l’atto e che deve conseguentemente essere convenuto a giudizio. Si dovrebbe così superare l’adempimento di compilare il relativo riquadro. Allo stesso modo, il sistema dovrebbe riconoscere di cosa tratta l’atto a processo, imposte, sanzioni, crediti, procedimento ecc. e riconoscere il valore globale della pretesa nonché quello utile per il contributo unificato. Lo stesso per i dati del ricorrente, che dovrebbe essere riconosciuto integralmente con l’inserimento del solo codice fiscale: così, ad esempio, il rappresentante legale della società, come la data di nomina, sono dati che si vanno a recuperare presso la camera di commercio. E sembra sensato che lo faccia direttamente il sistema.
Per gli atti successivi al primo, il sistema dovrebbe essere ancora più agile: individuata la sentenza da impugnare, tutti i dati andrebbero essere compilati in automatico, senza bisogno, ancora, di stare a compilare infiniti quadri, spesso ripetitivi di quelli di primo grado: le parti, l’oggetto, il valore di causa. E anche qui dovrebbe superarsi il tema della notifica e del deposito: si carica il ricorso in appello e scatta l’allert per la parte appellata. Del resto i suoi dati, in primis la Pec, sono già stati acquisiti a sistema.
Poi, ancora, gli atti non dovrebbero più essere firmati. Al di là del discorso del loro invio a mezzo Pec, nel momento in cui prevedo che tutto passi dal processo telematico, è ovvio che quando accedo al sistema (oggi, peraltro, si accede solo con lo Spid) con le mie credenziali, automaticamente gli atti caricati devono considerarsi a me riferiti. Indipendentemente dal fatto che li debba firmare o notificare a mezzo Pec.
Anche la conformità degli atti caricati agli originali analogici dovrebbe essere superata, posto che oramai è difficile trovare un originale che non sia una copia digitale.
In questo modo, il processo potrebbe diventare digitale. Ma è solo un primo passo.