Le plusvalenze da cripto del 2024 nel quadro RT: tra “franchigia” e operazioni fiscalmente irrilevanti
di Maurizio Nadalutti
L’imminente scadenza per la presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’annualità 2024 impone qualche riflessione con riguardo ai casi di redditi riconducibili alle cripto-attività, in particolare la realizzazione di plusvalenze imponibili derivanti dal rimborso, dalla cessione a titolo oneroso o dalla permuta di cripto-attività.
Sono essenzialmente tre gli aspetti principali che vanno tenuti a mente in sede di determinazione delle plusvalenze da cripto-attività:
(i) l’irrilevanza fiscale delle operazioni cripto su cripto,
(ii) la c.d. “franchigia” di 2.000 euro, almeno ancora per il periodo d’imposta 2024, e
(iii) la deducibilità delle minusvalenze conseguite.
Quanto al primo dei punti evidenziati, va ricordato che l’irrilevanza fiscale riguarda, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lett. c-sexies) del Tuir, la permuta tra cripto-attività “aventi eguali caratteristiche e funzioni”. Ad esempio, non fa emergere materia imponibile la conversione di bitcoin con ethereum o tether, mentre risulta una fattispecie imponibile l’acquisto di un NFT mediante l’utilizzo di una criptovaluta.
La stessa previsione contenuta nella lettera c-sexies), stabiliva – con effetti anche sul periodo d’imposta 2024 (i cui redditi vanno dichiarati entro il 31/10/2025) – che costituiscono redditi diversi “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta”.
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