LE PAROLE DI BLAST - "Albero"
di Cristina Marchesan
“Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce”
frase attribuita a Lao-Tze, o, più esattamente, Lao-tzŭ, filosofo cinese del V sec. a.C.
Potrebbe ancora stupire la visione del minuscolo seme di una mela, prodigio della natura, inizialmente inserito dentro ad un vaso di terra bagnata fino a vederne germogliare i cotiledoni, prime “foglie finte”, di un verde intenso che, nella loro semplicità, si preparano ad aprire la strada ad un futuro “albero”.
Sì, perché quel piccolo ciuffo dall’apparenza delicata si rivelerà in tutta la sua forza prorompente nell’arco di tempo di qualche anno.
Forse riusciamo già ad immaginarlo imponente e maestoso, come solo un’antica quercia può esserlo, ma coscienti che la sua parte aerea rappresenti solamente un piccolo assaggio del sistema vitale che si propaga, attraverso il suo complesso impianto radicale, all’interno del terreno sottostante.
Come già accennato in un precedente articolo, è il suolo stesso a garantire la vita sul pianeta. E il ruolo svolto dai grandi “alberi” si dimostra in tutto questo essenziale e insostituibile.
Ciò risulta ancora più evidente, considerando che la complessità e la consistenza delle radici è ovviamente proporzionale alle dimensioni degli “alberi” a cui appartengono e che la crescita di questi ultimi, per il raggiungimento di dimensioni apprezzabili, richiede moltissimi anni.
Soffermandosi a riflettere su tali considerazioni sembra inspiegabile il persistere nel continuo abbattimento di “alberi” secolari con il conseguente danno ambientale culminante nel consumo di suolo.
Più generalmente, dovremmo ritenerci purtroppo ben lontani dai virtuosismi della città colombiana di Medellin in cui la creazione di corridoi verdi, grazie alla piantumazione di centinaia di migliaia di piante e “alberi” al suo interno, in questi ultimi anni ha consentito l’abbassamento della temperatura media di 2-3 gradi.
Dal latino arbor, in prima battuta la parola fa dunque riferimento ad una pianta perenne legnosa, ma possiamo riferirci ad essa anche parlando di “albero genealogico”, ossia lo schema o il prospetto ramificato, somigliante appunto ad un “albero” stilizzato, in cui vengono mostrati i rapporti familiari, i gradi di parentela e tutto ciò che concerne i legami di derivazione o di discendenza tra individui. La ricostruzione di una storia familiare, il più accuratamente possibile, rimanderebbe all’elenco completo degli antenati. Attualmente, l’analisi del DNA e la mole di documenti fruibili gratuitamente online ci dà la possibilità di ricostruire autonomamente “l’albero genealogico” personale.
A me ed a tutti gli altri amanti del mare - e ammettendo la mia carenza in materia in fatto di natanti pur vivendo con un appassionato velista - non suona affatto estraneo accennare “all’albero” di un’imbarcazione, oppure “all’albero maestro” quando l’armamento ne prevede più di uno. Prendendo ad esempio proprio lo sport della vela, nel corso degli anni, i metodi di fabbricazione degli “alberi” usati nella navigazione hanno subito diverse svolte tecnologiche legate alla forma ed ai differenti materiali usati in fase di costruzione. Dal legno passando per l’alluminio per poi arrivare al carbonio, la maggior leggerezza ottenuta consente migliori prestazioni soprattutto in fatto di velocità.
Dal mare per tornare alla terra, restiamo alla fine assorti nell’arte del pittore Gustav Klimt, attraverso il suo pregevole fregio musivo “L’albero della vita”, basato sullo stile Art Nouveau e completato nel 1909. Uno dei maggiori capolavori del maestro viennese che, simboleggiando il ciclo della vita, fa ritrovare un tema portante della sua opera, certamente vicino anche ad ognuno di noi.


