Le nuove regole di determinazione del reddito per le imprese in liquidazione
di Luigi Lovecchio
La riforma della disciplina fiscale della liquidazione, attuata con la revisione dell’articolo 182 del Tuir (operata dal Dlgs. 192/2024, introduce indubbi elementi di semplificazione della procedura. Le complicazioni residue derivano solo da una scelta di convenienza del contribuente, al quale dunque si presenta un trade off tra semplicità, da un lato, e minor carico fiscale, dall’altro.
Vediamo prima quali erano le criticità ante riforma.
Il precedente articolo 182 del Tuir era articolato su questi elementi di fondo:
a) il reddito di ciascun esercizio intermedio della liquidazione era tassato in via provvisoria. Con riferimento alle imprese individuali ed ai soci di società di persone, operava la tassazione separata (salva la scelta per l’imposizione ordinaria), ai sensi dell’articolo 17, lettere g) e l), del Tuir, in presenza dell’esercizio d’impresa per più di cinque anni;
b) l’imposizione definitiva avveniva sulla base delle risultanze del bilancio finale di liquidazione, assumendo così la fase liquidatoria la connotazione di un unico periodo d’imposta;
c) tale disciplina naturale subiva una vistosa eccezione nell’ipotesi in cui la liquidazione si protraesse per più di tre esercizi, per imprese individuali e società di persone, ovvero per più di cinque esercizi, per le società di capitali.
In quest’ultima eventualità, infatti, l’imposizione dei singoli periodi d’imposta diveniva definitiva, con la conseguenza ulteriore che, perdendosi il diritto alla tassazione separata ai fini Irpef, occorreva riliquidare i tributi dovuti in ciascuno degli esercizi intermedi, facendo concorrere alla formazione del reddito complessivo i risultati di tali esercizi. Non era peraltro chiaro se questa riliquidazione dovesse essere operata dall’Agenzia delle Entrate, come appare largamente preferibile, oppure a cura degli stessi contribuenti, con una procedura da “inventarsi” (dichiarazione integrativa per ciascuno degli anni intermedi?).
In tale contesto, molti dubbi investivano soprattutto il trattamento delle perdite d’esercizio, con alcuni punti fermi, almeno dell’opinione generale:
i) le perdite formatesi nei periodi antecedenti la messa in liquidazione non potevano essere riportate ai fini Irpef, dunque, per le imprese individuali e per le società di persone, mentre nulla ostava a che le perdite dei soggetti Ires fossero scomputabili dai risultati intermedi;
ii) le perdite degli esercizi intermedi erano rilevanti per i soggetti Irpef solo alla chiusura della liquidazione mentre per le società di capitali, pur nel silenzio della norma, le stesse erano senz’altro scomputabili dai redditi di periodo, peraltro, per intero, senza il limite dell’80 per cento, attesa la finalità “estintiva” della procedura.
Per i soggetti Irpef, tuttavia, non era chiaro a partire da quale esercizio la perdita potesse essere utilizzata a scomputo dei redditi dei soci o dell’impresa individuale né quale fosse l’ammontare rilevante a tal fine, nell’ipotesi in cui la liquidazione si protraesse per oltre tre esercizi (se solo quella dell’ultimo esercizio oppure, come senza dubbio preferibile, la perdita complessiva di procedura). Nessun dubbio invece sul fatto che le perdite non utilizzate al termine della liquidazione delle società di capitali non potessero in alcun modo essere recuperate.
La riforma invece ribalta la prospettiva, poiché stabilisce la regola secondo cui i risultati di tutti gli esercizi intermedi, a prescindere dalla natura giuridica dell’impresa (individuale, società di persone o società di capitali), sono sempre assoggettati a imposizione ordinaria, a titolo definitivo.
Per i soggetti Irpef, inoltre, le perdite precedenti la messa in liquidazione continuano a essere irrilevanti, in quanto già attribuite ai partecipanti all’impresa, mentre quelle degli esercizi intermedi diventano scomputabili per intero – senza il limite dell’80 per cento – dai redditi degli esercizi successivi, e non vengono invece attribuite ai soci. La perdita residua formatasi al termine della liquidazione è attribuita ai soci, secondo le regole ordinarie – e cioè con il limite dell’80 per cento.
Per i soggetti Ires, il trattamento delle perdite non cambia ma ne viene meglio evidenziata la disciplina:
1) le perdite ante liquidazione si riportano negli esercizi intermedi;
2) le perdite degli esercizi intermedi si deducono dai redditi di liquidazione, sempre integralmente;
3) la perdita finale non si recupera.
La novità più rilevante, che recupera in chiave facoltativa il criterio della determinazione unitaria del risultato della liquidazione, riguarda le ipotesi in cui la procedura non supera i tre esercizi, per i soggetti Irpef, oppure i 5 esercizi, per i soggetti Ires. In tali eventualità, infatti, il contribuente può scegliere di scomputare la perdita residua, non utilizzata nei singoli periodi d’imposta, in riduzione del reddito di esercizio da liquidazione, a partire dall’ultimo e a risalire a ritroso da quelli immediatamente precedenti, sino a capienza del reddito stesso (cd “carry back” delle perdite). In questo modo, a evidenza, si torna a configurare la fase di liquidazione come un unico periodo d’imposta, suscettibile di determinare un risultato netto finale da assoggettare a imposizione in via definitiva, compensando redditi e perdite di ciascuna frazione intermedia. Ovviamente, qualora tale compensazione dovesse far emergere delle eccedenze d’imposta, le stesse saranno oggetto di rimborso o di utilizzo in compensazione.
Inoltre, i soggetti Irpef avranno la facoltà di chiedere la tassazione separata di tale risultato finale, determinato, per l’appunto, al netto della perdita residua. La liquidazione delle somme dovute sarà effettuata dall’Agenzia delle Entrate che dovrà scomputare dall’imposta a saldo, l’Irpef versata medio tempore sui redditi tassati in via ordinaria, in ciascun anno. Indubbiamente, in questo modo il calcolo si complica ma, innanzitutto, si tratta di una modalità opzionale per i contribuenti e inoltre, a quanto è dato comprendere, la maggiore complicazione dovrebbe ricadere sugli uffici dell’Agenzia delle Entrate.
Un’ultima precisazione: le nuove regole si applicano a partire dalle liquidazioni deliberate dal primo gennaio 2025. Per quelle in corso, dunque, resta tutto come prima.