Una recente FAQ dell’Agenzia delle Entrate ammette l’applicazione della “franchigia” di 2.000 euro in sede di determinazione dei redditi diversi relativi alle criptoattività non solo per il 2024 (come risulta dalle istruzioni alla dichiarazione dei redditi), ma anche per il 2023. In questo modo viene ammessa la possibilità, nel caso il contribuente non abbia tenuto conto di tale franchigia, di richiedere il rimborso delle maggiori imposte versate (per il 2023).
Per meglio comprendere la vicenda, occorre innanzitutto analizzare la norma di riferimento – l’articolo 67, comma 1, lettera c-sexies), del Tuir, – la quale, nella versione vigente ratione temporis, prevedeva che costituiscono redditi diversi “le plusvalenze e gli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività, comunque denominate, non inferiori complessivamente a 2.000 euro nel periodo d’imposta”.
Come si può notare, la norma, in realtà, non introduceva nessuna franchigia, ma una soglia di 2.000 euro – eliminata, peraltro, con decorrenza 01/01/2025 dalla legge di Bilancio 2025 – oltre la quale si generava il presupposto impositivo per la tassazione delle plusvalenze o degli altri proventi realizzati mediante rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività. In sostanza, la disposizione in esame prevedeva che solo qualora, nel periodo d’imposta di riferimento, il contribuente avesse realizzato plusvalenze o altri proventi pari o superiori a 2.000 euro, allora il reddito conseguito andava sottoposto ad imposizione per intero, e non solo per l’eccedenza rispetto all’ammontare fissato (come avviene invece per le franchigie).
Questa lettura veniva confermata dalle istruzioni della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2023 (dichiarazione PF 2024).
Nelle istruzioni della dichiarazione dei redditi relativa al 2024 (dichiarazione PF 2025) si riscontra invece un cambio di rotta, essendo previsto che vanno dichiarati – e quindi sottoposti ad imposizione – solo plusvalenze e altri proventi “per la parte che eccede la soglia di euro 2.000 nel periodo d’imposta” (si noti, comunque, che si fa riferimento ad una “soglia” e non a una franchigia, fraintendimento che già risultava presente nella circolare n. 30/E/2023).
Per i due periodi d’imposta di vigenza del limite di 2.000 euro, 2023 e 2024, le istruzioni delle rispettive dichiarazioni fiscali forniscono dunque indicazioni divergenti, mettendo quindi più di qualche dubbio agli operatori del settore.
Cosicché, l’Agenzia delle Entrate, con una FAQ pubblicata il 30 aprile 2025, ha esplicitato che la “franchigia” andava applicata anche per il periodo d’imposta 2023, superando quanto riportato nelle istruzioni della dichiarazione dei redditi di tale annualità. Nella stessa FAQ, viene poi riportato che i contribuenti che non hanno tenuto conto di tale “franchigia”, sono legittimati a presentare istanza di rimborso delle maggiori imposte versate.
Tralasciando, in questa sede, alcune considerazioni che potrebbero essere fatte sulla valenza delle istruzioni ministeriali – secondo la Suprema Corte (Cass. n. 29401 del 2011), alla pari delle circolari, non costituiscono fonte di diritto, ma mere espressioni della cd. “interpretazione ministeriale”, prive di qualsivoglia efficacia vincolante per il contribuente o per il giudice tributario – ciò che rende davvero perplessi, oltre al cambio di orientamento da un anno all’altro dell’Agenzia delle Entrate, la quale si discosta in modo evidente dal dato normativo, sono le modalità con cui viene reso noto il diverso trattamento fiscale di un reddito. Ormai le FAQ sono utilizzate come fossero fonti del diritto.
Peraltro, niente viene detto in relazione alle minusvalenze. Invero, nulla dovrebbe cambiare, posto che la norma prevedeva che, se le minusvalenze fossero risultate superiori a 2.000 euro, solo l’eccedenza sarebbe stata riportabile nei periodi d’imposta successivi in abbattimento di eventuali plusvalenze.
Va però fatto notare che proprio la disposizione che disciplina il trattamento delle minusvalenze conferma indirettamente che nella disposizione recata dalla lettera c-sexies) non veniva prevista alcuna franchigia (ma si trattava di una soglia). Difatti, se il legislatore avesse voluto introdurre una franchigia sulle plusvalenze, avrebbe potuto espressamente stabilire che solo le “eccedenze” (termine usato per regolamentare l’utilizzo delle minusvalenze) sono da sottoporre ad imposizione.
Ad ogni buon conto, più di qualcuno sarà portato a pensare che va bene così, posto che – in questo caso – le indicazioni fornite dall’Amministrazione finanziaria sono “pro contribuente”. In realtà, non va affatto bene: come può essere credibile un sistema fiscale regolato da delle FAQ?
Peraltro, non ci sarebbe da stupirsi se, dopo aver ricevuto numerose istanze di rimborso, l’Agenzia delle Entrate cambiasse ancora opinione, magari proprio con una FAQ.