La prima versione italiana del Patent Box – all’epoca già diffusa nella maggior parte degli altri Paesi europei - risale al 2015. La norma si inseriva in un quadro di riferimento volto a “stabilizzare la sede fiscale” dei titoli di proprietà intellettuale, allo scopo di mantenere i redditi riconducibili a beni immateriali (o “IP”, acronimo di Intellectual Property) negli stessi Paesi in cui erano stati sostenuti i costi della loro creazione, limitando lo spostamento verso legislazioni fiscali più favorevoli di marchi, brevetti, software, know-how.
All’indomani di quella che ad oggi rappresenta l’ultima tappa di un iter di progressiva semplificazione, vale a dire la riforma dell’articolo 6 del decreto-legge n. 146 del 21 ottobre 2021, il Patent Box appare radicalmente modificato rispetto agli esordi, pur continuando a concretizzarsi in una riduzione delle imposte sui redditi di impresa.
E’ il metodo di calcolo del risparmio fiscale ad essere sostanzialmente cambiato nel tempo: se nella versione originale, in linea con la disciplina Transfer Price, erano le aziende più virtuose in termini di redditività ad ottenere i benefici maggiori, con il “nuovo” Patent Box l’agevolazione risulta ora direttamente proporzionale a quanto l’azienda ha investito in R&S nel corso degli anni.
Il meccanismo è semplice e intuitivo: l’azienda, di qualsiasi dimensione o settore di attività, identifica tutti i costi - interni ed esterni - sostenuti nel corso degli anni per creare una soluzione innovativa. Il meccanismo premiale che accompagna il Patent Box, infatti, consente di risalire nella identificazione dei costi fino a 8 anni precedenti l’ottenimento della privativa sul risultato finale dei progetti R&S.
Dato questo “costo cumulativo”, le minori imposte derivano dalla applicazione di una maggiorazione ai soli fini fiscali (+110 per cento), che permette all’azienda di comprimere l’imponibile fiscale secondo un meccanismo ben noto grazie ai precedenti del super e iper ammortamento, utilizzati dalle aziende negli anni passati per gli investimenti in beni strumentali.
Il Patent Box continua poi ad essere un regime opzionale, per accedere al quale l’azienda deve esercitare una “opzione” all’interno della dichiarazione dei redditi.
Lato requisiti di accesso, il beneficiario deve avere ottenuto il riconoscimento di un titolo di proprietà intellettuale per quanto ha sviluppato, sia esso un programma, un prodotto, una soluzione tecnologica o estetica, un processo. Ricordiamo incidentalmente che sono svariate le possibilità di tutela associabili ad una specifica innovazione (software, brevetti, disegni, modelli). L’ottenimento della tutela diventa il fulcro attorno al quale l’opzione del Patent Box dispiega i propri benefici fiscali.
Proviamo a fare una simulazione numerica, per capire quali sono i valori in gioco.
Supponiamo che l’azienda X abbia lavorato allo sviluppo di un nuovo sistema di automazione dei propri impianti, mettendo a punto un programma originale registrato presso SIAE nel febbraio 2024. Per creare questo sistema ha impiegato programmatori interni, operai per la costruzione, test dei sistemi prototipali ed ha affidato ad una società esterna lo sviluppo di una funzionalità di AI per la quale non aveva competenze interne.
Le attività sono state avviate nel 2020 ed i costi complessivi del progetto nel periodo 2020-2024, in termini sia di personale dipendente che di fatture (oltre ai costi di registrazione SIAE del prodotto finale), ammontano a 500 mila euro.
Ipotizzando che l’esercizio contabile coincida con l’anno solare, l’azienda X può esercitare l’opzione Patent Box sulla Dichiarazione 2025 – Redditi 2024 indicando una variazione extra-contabile che riduce l’imponibile fiscale di 550.000 euro (€ 500.000 x 110 per cento), con un risparmio IRES + IRAP pari a più di 150.000 euro (€ 550.000 x 24 per cento + € 550.000 x 3,9 per cento = € 153.450).
In ultima analisi, il risparmio fiscale da Patent Box si concretizza nel 30,69 per cento dei costi agevolabili (nel nostro esempio, € 153.450/€ 500.000): esercitando l’opzione, ogni azienda può trasformare 100 euro di costi già sostenuti in 30,69 euro di risparmio fiscale.
Dal momento che la base di calcolo è praticamente la stessa del credito di imposta R&S 2020-2031, appare evidente il passaggio di testimone tra i due strumenti: dal 2026 il Credito di Imposta prevederà un risicato 10 per cento per i soli progetti che rispondono ai requisiti del Manuale di Frascati (soluzioni brevettate o brevettabili).
Inoltre, il Patent Box prevede per il contribuente la possibilità di dotarsi di oneri documentali per la cd. penalty protection o esimente sanzionatoria: in caso di future contestazioni, non potranno essere applicate né sanzioni né interessi.
Avendo ben presente le vicende legate alle contestazioni dei vari crediti di imposta, questo è un valore aggiunto che accresce ulteriormente l’appeal del Patent Box quale strumento di agevolazione dei progetti R&S delle aziende, giustificando la tutela dei risultati finali.