“Il mondo non è lineare” (Robert Hormats). In che modo il nuovo ordine globale incide sull’azienda?
Prima di tutto l’ambiente extra-organizzativo diventa complesso e i meccanismi azione - reazione e causa – effetto lasciano il posto a scenari che richiedono un cambio di prospettiva: semplificare la complessità interna ed esterna diventa la priorità.
Viene meno, allo stesso tempo, il principio della prevedibilità che porta a un paradosso: diventa sempre più imperativo saper pianificare in modo strategico in ambienti nei quali di fatto la pianificazione non è più possibile.
Da un lato l’azienda rischia di perdere sempre più consapevolezza rispetto al proprio futuro (incertezza), dall’altro diventa sempre più un soggetto esposto a rischi (vulnerabilità).
La prima domanda da porsi è: quali sono le concause sottese a tali dinamiche?
Secondo quesito: quali gli strumenti più efficaci per trasformare le sfide attuali in opportunità?
Da anni il rischio geopolitico rappresenta la minaccia più temuta dai CEO e oggi più che mai entra a far parte della realtà organizzativa. Da fattore esogeno diventa a tutti gli effetti un elemento endogeno, strategico nel processo decisionale, transizione alla quale però le aziende non sono ancora pronte.
Sulla base della personale esperienza con realtà imprenditoriali differenti, ho raggruppato in quattro categorie le principali criticità dell’azienda italiana oggi:
1. mancanza di lungimiranza e prospettiva olistica. Passare da una struttura organizzativa basata sul team e sulla funzione a un sistema che pone al centro il processo è il primo step per creare strutture sostenibili e competitive;
2. poca resilienza. Identità aziendali deboli e apparati eccessivamente gerarchici e burocratizzati non fanno altro che generare modelli di business incapaci di essere leader del proprio futuro;
3. approccio reattivo e non proattivo. Il cambiamento non può più essere una risposta a un problema o una reazione a un evento;
4. lentezza. Se l’azienda riproduce a livello micro le macro dinamiche esterne e se il mondo viaggia a velocità sempre più elevata, in che modo un’organizzazione può pensare di sopravvivere se è lenta? Il principio alla base è molto semplice: se l’azienda è in ritardo rispetto all’ambiente esterno, è destinata al declino; se procede di pari passo, al massimo può sopravvivere; solo se è più veloce, può crescere.
Quali sono oggi i fenomeni geopolitici ed economici che impattano maggiormente su un business?
· numero sempre crescente di protezionismi, che non riflettono uno scenario globalizzato.
· numento di tendenze nazionaliste, sempre più anacronistiche e incapaci di preservare quella cooperazione necessaria in un mondo interconnesso.
· polarizzazione politica, a scapito di quella prospettiva di sostenibilità, essenziale per il benessere delle aziende e per lo sviluppo delle piccole medie imprese, quale spina dorsale del tessuto economico locale e globale.
· barriere tariffarie. L’incremento di guerre commerciali rappresenta il rischio geopolitico più rilevante nel 2025.
· conflitti e guerre, con conseguenze di breve e medio-lungo termine, dalla supply chain alle strategie gestionali.
Cosa può fare quindi l’azienda per essere pronta a tradurre le sfide contemporanee in opportunità?
Guardare al rischio come un processo, non un evento, e fare del risk management uno strumento strutturale organizzativo per mettere in atto risposte strategiche e trasformative, non emergenziali e temporanee.
Gestire il rischio geopolitico attraverso una prospettiva strutturata e sistemica per generare soluzioni efficaci e di lungo termine.
Ripensare la supply chain. Sempre più realtà mettono in atto strategie di nearshoring, per ridurre la catena di approvvigionamento, con conseguenti minori costi di logistica, riduzione dei tempi di consegna e migliore adattabilità e capacità di risposta, per un’azienda più resiliente ed efficiente. Avvicinare i propri fornitori però non è sufficiente; diviene sempre più importante anche differenziarli per mitigare l’impatto non solo dell’incertezza ma anche della vulnerabilità.
Il ruolo del Chief Geopolitical Officer diventa sempre più strategico per supportare l’azienda nel processo di analisi, valutazione e mitigazione del rischio relativo.
Utilizzare la Matrice SWOT per pianificare nell’incertezza, attraverso un’analisi integrata tra ambiente intra (punti di forza e debolezza) ed extra organizzativo (minacce e opportunità), diviene una metodologia importante per ottimizzare la risposta dell’azienda alle sfide globali e massimizzare di conseguenza i suoi risultati.
Infine, diversificare è sicuramente una delle parole chiave nello scenario contemporaneo, quale prospettiva di pianificazione e gestione più efficace nel ridurre la vulnerabilità organizzativa.
L’incertezza fa parte strutturale della realtà. Non si tratta quindi di eliminarla, ma di trasformarla in risorsa a nostro vantaggio. Tanti sono gli strumenti a disposizione ma nessuna strategia è efficace senza una cultura organizzativa adeguata.
Dal confronto costante con manager e imprenditori, chi scrive si è resa conto di due elementi costanti. Manca spesso la consapevolezza del fatto che ogni cambiamento organizzativo è sempre prima di tutto un processo culturale che vede coinvolta l’intera azienda e che richiede conoscenza, disponibilità e strategia.
Politiche di sviluppo organizzativo di lungo termine necessitano di stabilità per essere efficaci. Se l’azienda non può avere controllo sulle dinamiche geopolitiche ed economiche esterne, ha però il potere e la responsabilità di decidere in che modo rispondere e la tipologia di risposta che mette in atto determina il suo successo o insuccesso. È questa la seconda consapevolezza che spesso manca in azienda e che rischia di attivare meccanismi difensivi e di mantenimento che inibiscono la crescita e lo sviluppo.