"Stasera esco prima, tanto non c'è niente di urgente". Quante volte avete pronunciato questa frase per poi ritrovarvi ancora alla scrivania alle 20:30? Se vi riconoscete in questa situazione, benvenuti nel club dei professionisti prigionieri del senso di colpa da lavoro!
Alcuni preferiscono non chiamarlo senso di colpa, bensì senso di responsabilità. Altri, invece, attribuiscono le cause del loro essere sempre in ufficio a fattori organizzativi, come l’essere sotto organico, oppure avere solo essi le competenze necessarie, o ancora il non fidarsi dei collaboratori per molte attività. Per questi la frase (mentale) che segue è quasi sempre “faccio prima a fare io”.
La sindrome del professionista indispensabile
Come sottolinea il sociologo Richard Sennett, viviamo nell'epoca del "capitalismo flessibile", dove il valore professionale si misura in ore fatturate e disponibilità h24. Per commercialisti e consulenti del lavoro, questa pressione si traduce in una vera e propria sindrome da indispensabilità: la convinzione irrazionale che senza di noi tutto crollerebbe. Se volete, è anche un po’ narcisistica.
Ma da dove nasce questo senso di colpa paralizzante? Proviamo a capirlo insieme, perché le origini sono profonde e spesso intrecciate.
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