Che colpo di testa, teste calde questi giovani, a pensare che lasciano il posto fisso, per fare cosa, poi? Perché avere il posto fisso in Italia significa avere il Sacro Graal, altro che matrimonio felice o social life salutifera.
Vero è che i soldi non bastano mai, ma se il 34 per cento dei giovani sceglie di dare le dimissioni, o comunque dichiara di aver già deciso di cambiare azienda al momento del sondaggio (Survey “Work in Italy: what needs to change according to Millennial and Gen Z” ), sicuramente non è perché tutti possono permetterselo o hanno vinto alla lotteria.
Un contratto stabile, l’entrata sicura alla fine del mese: ma cosa gli manca? L’aria. Nessuno dei giovani intervistati snobba il lavoro in sé ma il concetto di una volta basato sull’esclusivo scambio tempo/denaro, che doveva bastare e avanzare pure. Ma che si sta sgretolando e con dinamiche che stanno cambiando nel profondo.
Non una scrivania grigia con una pianta finta (perché si è sempre fatto così, il lavoro in presenza è più produttivo). Non le urla e i maltrattamenti nella cucina di un ristorante. Non una vita col pilota automatico, col dito sempre puntato sugli errori senza mai una gratificazione o un feedback positivo. O al suono di: “Oggi part-time?” con annesso sorrisino, solo perché alle 18 del venerdì hai osato spegnere il computer.
Ma un senso. Più benessere, più equilibrio mentale, un clima aziendale migliore.
Perché il punto non è non avere voglia di lavorare bensì non volere lavorare male. Non si tratta di andare contro il sistema ma di girare le spalle, voltarsi per andare verso qualcos’altro ovvero il posto giusto per sé. Dove il tempo della propria vita ha valore, anche sul posto di lavoro e non solo nel tempo libero.
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