L’arma a doppio taglio dell’istanza di rateazione
di Alessandro D’Addario e Alessia Galati
Quando il contribuente riceve un atto della riscossione, capita spesso che questi corra preventivamente ai ripari, attraverso una richiesta di rateazione del proprio debito, al fine di non essere oltremodo inciso dai penetranti e invasivi poteri esattivi dello Stato.
Si pensi, ad esempio, alla notifica di un preavviso di fermo amministrativo o di ipoteca: per evitare l’iscrizione di tali misure, il contribuente decide di corrispondere, in maniera dilazionata, il debito iscritto a ruolo e si riserva, in un secondo momento, l’impugnazione dell’atto erariale, ovviamente nel termine di decadenza.
Ebbene, proprio la richiesta di rateizzazione prima dell’instaurazione del giudizio, se da un lato permette di “placare” l’azione esattiva dell’Agente della riscossione, dall’altro lato “imbriglia” il contribuente, perché:
a) gli preclude di sollevare, nell’eventuale successiva controversia, il difetto di notifica dell’atto presupposto (ma non anche le eventuali contestazioni nel merito. Sul punto, cfr. Cass. n. 8264 del 28 marzo 2025, per la quale «è possibile, comunque, la contestazione nell'an della pretesa tributaria, sempre che non siano scaduti i termini per la proposizione dell'impugnazione avverso le cartelle»);
b) ha l’effetto di sospendere il termine di prescrizione del diritto all’esazione.
Tale assunto è coerente con i più recenti insegnamenti di legittimità, per cui «La richiesta di rateizzazione, facendo ritenere conosciute le cartelle di pagamento relative alle somme che ne costituiscono l'oggetto, vale, di norma, quale atto interruttivo della prescrizione e preclude, di regola, al contribuente la possibilità di utilmente eccepire la mancata conoscenza di esse e degli atti impositivi presupposti» (Cass. n. 7170 del 18 marzo 2025. Nello stesso senso, da ultimo, Cass. n. 8688 del 2 aprile 2025 e, tra le sentenze di merito, CGT di II^ gr. della Toscana n. 244/5/2025 del 25 febbraio 2025).
A ben vedere, però, i suddetti insegnamenti non risultano del tutto coerenti, a livello sistematico, con i seguenti princìpi giuridici:
innanzitutto, la prova della notificazione di un atto non può avvenire in maniera presuntiva o per una sorta di “confessione”, poiché – stante la natura essenzialmente documentale del processo tributario – è necessario produrre la vera e propria relata di notifica.
È, infatti, principio granitico della giurisprudenza quello per cui «la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data deve essere assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale» (Cass. n. 29133/2018; conformi, ex multis, Cass. nn. 30337/2023, 8894/2022, 39656/2021, 18983/2021, 8314/2018);
in secondo luogo, proprio in virtù del “timore reverenziale” di cui si è detto all’inizio, appare alquanto inverosimile che il contribuente effettui sic et simpliciter un riconoscimento del proprio (asserito) debito erariale attraverso un’istanza di rateazione, che appare più improntata, si ribadisce, ad evitare un’azione esattiva invasiva.
E di ciò ne è perfettamente cosciente anche la Suprema Corte, la quale, in passato, ha stabilito che «correttamente, pertanto, [è stato] escluso che l'istanza di rateazione avanzata dalla contribuente costituisse acquiescenza, rilevando, altresì, ai fini del decorso del termine di impugnazione, che la presentazione di tale istanza non comportava l'effettiva conoscenza della cartella di pagamento, ben potendo il contribuente richiedere il pagamento rateale per finalità (evitare di subire un'esecuzione o misure cautelari) che non presuppongono il riconoscimento del debito» (Cass. n. 12735/2020).
Tale ultimo assunto appare, altresì, coerente con un altro principio sistematico, ovverosia quello per il quale, in tema di obbligazioni solidali, il giudicato favorevole ottenuto dall’altro coobbligato non può essere opposto quando il coobbligato che lo invoca ha pagato spontaneamente, e «non può ritenersi che il pagamento di una cartella, effettuato solo all'atto della ricezione della cartella esattoriale, allo scopo di evitare l'esecuzione forzata, ed accompagnato, come nella specie, dalla contestuale impugnazione della cartella medesima, possa definirsi spontaneo» (Cass. n. 2231/2018);
infine, sotto il profilo dell’idoneità dell’istanza di rateizzazione ad interrompere i termini di prescrizione del diritto alla riscossione, esso appare, solo oggi, coerente con la normativa vigente, di cui all’articolo 19, comma 1-quater, lett. a), del DPR 602/1973 – comma introdotto dalla legge n. 176/2020, di conversione del DL 137/2020, con decorrenza dal 30 novembre 2020 – secondo il quale, a seguito dell’istanza di dilazione, “sono sospesi i termini di prescrizione e decadenza”.
Occorre, a tal proposito, domandarsi se, nella versione previgente (e, cioè, fino al 29 novembre 2020), le istanze di rateazione costituissero atti interruttivi della prescrizione del diritto alla riscossione, considerato che il dettato normativo, all’epoca, nulla prevedeva sul punto.
A tale interrogativo sembra potersi rispondere negativamente.
Tale convinzione si rinviene nella ratio della legge n. 176/2020, così come esplicitata nei documenti parlamentari, in cui si specifica chiaramente che «Rispetto alle norme vigenti [quelle in vigore prima delle modifiche di cui alla legge n. 176/2020, n.d.r.] si chiarisce che la richiesta di dilazione sospende i termini di prescrizione e decadenza». Appare ragionevole, dunque, affermare che la sospensione dei termini di prescrizione, a seguito dell’istanza di rateazione, rappresenta un elemento di novità nel nostro panorama giuridico a partire dal 30 novembre 2020.
Sulla base di quanto fin qui esposto, non appaiono del tutto persuasivi gli insegnamenti di cui Cass. nn. 8688/2025 e 7170/2025, cit., in quanto essi depotenziano oltremodo la tutela processuale del contribuente, il quale, per salvaguardare i propri diritti e per non incorrere nelle preclusioni sopra descritte, dovrà procedere, in primis, all’instaurazione del contenzioso.
Tale “accorgimento” appare, oggi, quanto mai necessario, considerato che, nelle “liti da riscossione”, le armi a disposizione del contribuente appaiono alquanto “spuntate”, poiché sono limitate, di fatto, al difetto di notifica dell’atto presupposto e alla prescrizione del diritto alla riscossione.
E se tali difese sono del tutto compromesse per il solo fatto di avere presentato un’istanza di rateazione prima di aver instaurato il giudizio, è agevole comprendere che l’unica alternativa è quella di opporre preventivamente la pretesa erariale dinanzi alla CGT competente e, solo successivamente, richiedere la dilazione del debito.