L’adesione relativa a un costo deducibile in più anni consente la successiva istanza di rimborso
di Andrea Gaeta e Lorenzo Romano
La Corte di Cassazione, con le sentenze n. 7751 e 7753/2025 depositate il 24/03/2025, ha statuito che la richiesta di rimborso riferita a un componente pluriennale di reddito oggetto di un accertamento con adesione non necessariamente costituisce una surrettizia forma di impugnazione della medesima adesione, ma, al contrario, risulta una conseguenza naturale, e pertanto deve essere ammessa.
La vicenda sottoposta all’attenzione della Suprema Corte riguarda una società che aveva dedotto integralmente alcuni costi in una annualità. L'Ufficio li aveva riqualificati come spese di manutenzione, deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo dei beni materiali ammortizzabili e, per l’eccedenza, nel corso dei successivi cinque periodi di imposta: la società aveva accettato tale riqualificazione e le parti avevano sottoscritto un accertamento con adesione.
La società aveva quindi proposto istanza di rimborso per i (cinque) periodi successivi, volta ad ottenere il riconoscimento del diritto a dedurre (negli stessi periodi) la quota di competenza secondo le disposizioni dell’articolo 102, comma 6, del Tuir.
L’istanza era stata respinta dall’Agenzia delle entrate, la quale aveva sostenuto che il perfezionamento dell’accordo non consentisse la deduzione “per quinti” nei periodi successivi.
La società era risultata vittoriosa in primo grado ma soccombente in appello, proprio in virtù del (presunto) effetto preclusivo dell’accordo con l’Ufficio.
La Cassazione ha accolto il primo motivo di impugnazione della società, basato sulla violazione delle norme in tema di accertamento con adesione (articoli 2 e 5-bis del Dlgs. 218/1997) e di rimborso (articoli 38 del Dpr 602/1973 e 21, comma 2, del Dlgs. 546/1992), dichiarando assorbito un secondo motivo con il quale si era invocato il giudicato favorevole che la società aveva ottenuto in relazione ad analoga istanza di rimborso, proposta per un altro anno d’imposta.
La Corte premette, innanzitutto, che l’accertamento con adesione non è in linea di massima impugnabile, dato che ammetterne l’impugnazione (espressamente vietata dall’articolo 2 del Dlgs. n. 218/1997) frustrerebbe la ratio deflattiva dell’istituto. Allo stesso modo, precisa la Corte, non possono rilevare nemmeno eventuali “riserve di impugnazione” del contribuente.
Ciò premesso in linea di principio, la Cassazione ha però rilevato che tutto ciò non preclude «la possibilità di dedurre l’eccedenza in quote costanti negli anni successivi a quello in cui i costi sono stati sostenuti», sia perché il contenuto dell’accordo «è limitato alla qualificazione delle spese, al loro importo ed all’impossibilità di dedurle in una unica soluzione, sia perché la previsione normativa che autorizza la deduzione dell’eccedenza in quote costanti è esterna all’accordo e non può ricadere nell’effetto preclusivo che ne deriva».
Nel caso di specie, l’accertamento con adesione aveva il solo effetto di ripristinare lo status quo ante, cioè la situazione che si sarebbe verificata qualora la società correttamente qualificato le spese e, quindi, avesse rispettato i limiti di deduzione previsti dal Tuir.
L’accertamento dell’Agenzia, sebbene divenuto intangibile, non poteva però precludere la possibilità di ottenere la deduzione dell’eccedenza in quote costanti negli esercizi successivi, «trattandosi di un effetto che dipende dalla legge», ovvero dall’articolo 106, comma 2 del Tuir, «e che non è nella disponibilità dell’Ufficio accertatore». Il rimborso di tale eccedenza, conclude la Corte, ben lungi dal costituire un inammissibile “ripensamento” del contribuente, «deriva proprio da quanto accertato dall’Ufficio e dalla ripresa a tassazione delle somme non correttamente dedotte per l’anno 2003».
La soluzione della Corte non può che essere condivisa, e si presta a molteplici applicazioni. Non di rado, infatti, l’Amministrazione Finanziaria formula dei rilievi di competenza (talvolta, dimenticando di applicare la sanzione “attenuata” di cui all’articolo 1, comma 4, del Dlgs. n. 471/1997), così stabilendo che determinate spese sono deducibili in un periodo e non in un altro, o che non possono essere dedotte per intero ma sottoposte ad ammortamento, o, ancora, che il contribuente non si è attenuto ai coefficienti di ammortamento previsti dal D.M. del 31/12/1988.
In tutti questi casi, l’accettazione in adesione da parte del contribuente del rilievo, fondato o meno che sia, non può comportare la perdita del diritto di dedurre il costo secondo le regole corrette: negare in toto la deduzione di un costo effettivo e inerente, solo perché dedotto in maniera errata sotto il profilo “quantitativo”, comporterebbe un’inammissibile tassazione di un reddito “lordo”, in violazione del principio di capacità contributiva di cui all’articolo 53 della Costituzione.
La sentenza in commento riconosce ai contribuenti, quindi, la possibilità di presentare dichiarazioni integrative al fine di far valere i costi inizialmente non dedotti, o in alternativa, come avvenuto nel caso di specie, di presentare istanza di rimborso.
Si tratta di un arresto che è destinato a “lasciare il segno”, e da cui l’Amministrazione, d’ora in poi, non potrà prescindere nell’ambito dei propri controlli.