La svolta ESG e il rischio di confusione: il settore della difesa entra nel perimetro della "sostenibilità" europea
di Diego Zonta
Il concetto di investimento "sostenibile", riconducibile all'acronimo ESG (Environmental, Social, Governance), un tempo percepito con contorni più definiti, sta vivendo in Europa una fase di profonda mutazione che rischia di ingenerare non poca confusione. Guidato da impellenti necessità geopolitiche e dalla volontà di rafforzare l'autonomia strategica, in particolare nel settore della difesa, il perimetro della "sostenibilità" si sta di fatto allargando, mettendo in discussione le esclusioni storiche e sfidando la comprensione comune di cosa significhi investire in modo responsabile. Al centro di questa complessa evoluzione si trova Euronext, l'operatore paneuropeo di infrastrutture di mercato che gestisce una federazione di borse valori tra cui quelle di Milano, Parigi, Amsterdam, Bruxelles, Lisbona, Dublino e Oslo. È tra i principali operatori di borsa in Europa. Euronext ha recentemente annunciato misure volte a incoraggiare gli investimenti nell'industria della difesa, evidenziando una pragmatica, ma potenzialmente disorientante, rilettura dell'ESG.
Tradizionalmente, il settore degli armamenti e della difesa è stato considerato problematico o addirittura escluso dai portafogli basati su criteri ESG, per ovvie ragioni legate all'impatto sociale e ambientale delle loro attività. Tuttavia, la realtà geopolitica post 2022, segnata da crescenti tensioni e conflitti, ha imposto una riconsiderazione strategica in Europa. La necessità di investire massicciamente nelle capacità di innovazione e produzione della difesa per garantire l'autonomia continentale è diventata una priorità ineludibile, spingendo attori chiave come Euronext a cercare nuove vie di finanziamento per un settore considerato vitale per la "sicurezza".
Euronext risponde a questa pressione con un pacchetto di iniziative. Oltre a semplificare i processi di quotazione per le aziende del settore e facilitare l'emissione di obbligazioni dedicate alla difesa europea, l'operatore ha compiuto un passo che incide direttamente sul cuore della finanza sostenibile: la revisione delle metodologie per gli indici ESG. L'obiettivo dichiarato è limitare le esclusioni attualmente previste per le aziende della difesa, spingendo le agenzie di rating a considerare "armi controverse" solo quelle bandite da trattati internazionali. Questa mossa segna una chiara volontà di riadattare i criteri ESG per accomodare le nuove priorità strategiche.
Ma la mossa più emblematica, e forse più significativa in termini di potenziale confusione concettuale, è la proposta di ridefinire l'acronimo ESG. Secondo quanto espresso dal CEO di Euronext, Stephane Boujnah, il nuovo ordine geopolitico, incentrato su "Energia, Sicurezza, Geostrategia", dà vita a un "Nuovo ESG": Energy, Security and Geostrategy. Se da un lato questa ridefinizione riflette fedelmente le nuove priorità strategiche dell'Europa – garantire l'approvvigionamento energetico, rafforzare le capacità di difesa e affermare la posizione geostrategica – dall'altro stravolge o per lo meno diluisce profondamente il significato originario, creando incertezza per gli investitori che aderivano all'ESG per principi ambientali e sociali. La sovrapposizione, o la sostituzione, dei pilastri originali (Ambientale, Sociale) con concetti come Sicurezza e Geostrategia, per quanto strategici, rischia di minare la chiarezza e l'integrità della "etichetta" ESG.
Questa spinta europea a ridefinire l'ESG si manifesta in un contesto globale in cui il concetto è già oggetto di dibattito e contestazione da più fronti. Negli Stati Uniti, in particolare, si è assistito negli ultimi anni – e con crescente intensità dopo l'elezione di Donald Trump – all'emergere e al rafforzamento di un movimento "anti-ESG". Questo movimento critica gli investimenti ESG tradizionali, spesso accusandoli di essere "politicamente corretti" o "woke", di penalizzare settori strategici come quello energetico e di non privilegiare unicamente il ritorno finanziario per gli azionisti. Sebbene le motivazioni specifiche differiscano (priorità strategiche europee dettate dalla geopolitica vs. difesa dei combustibili fossili e ideologie politiche negli USA), entrambi i filoni – la spinta europea verso la difesa e il movimento anti-ESG americano – condividono la caratteristica di voler piegare, rinegoziare o addirittura respingere la definizione di ESG quando questa entra in conflitto con altre agende percepite come prioritarie (sicurezza strategica o libertà d'impresa/energia tradizionale). La stessa menzione da parte del CEO di Euronext delle critiche dell'amministrazione Trump come "campanello d'allarme" per l'Europa evidenzia come il dibattito americano e le pressioni strategiche da oltre Atlantico abbiano indirettamente contribuito a creare il clima politico e concettuale per questa re-visione europea dell'ESG, aggiungendo un ulteriore strato di complessità e potenziale confusione al quadro globale della finanza sostenibile.
Questa spinta alla "ri-semantizzazione" dell'ESG si allinea anche con gli sforzi politici a livello europeo. La Commissione Europea, sotto l'impulso di piani come "ReArm Europe" che mirano a mobilitare ingenti risorse (fino a 800 miliardi di euro), sta attivamente considerando un "adeguamento del quadro finanziario sostenibile" per facilitare l'accesso del settore difesa ai finanziamenti privati. L'industria e i ministeri della difesa lamentano che gli attuali criteri ESG, in particolare la Tassonomia UE sugli investimenti sostenibili che non elenca i produttori di armi, abbiano ostacolato l'ottenimento di prestiti. La richiesta esplicita è di riclassificare le aziende del settore come "non dannose" secondo i criteri di sostenibilità. Questo processo di adattamento delle regole esistenti alle nuove esigenze strategiche solleva interrogativi sulla coerenza e sull'affidabilità del quadro ESG, suggerendo che le definizioni possano essere piegate a favore delle necessità del momento, venendo così “manipolati” i concetti a seconda del bisogno congiunturale. Anche la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha già mostrato questa flessibilità, allentando i criteri per il finanziamento di prodotti a duplice uso, destinando più liquidità all'industria bellica.
Mentre la rimozione degli "ostacoli all'accesso ai finanziamenti, compresi gli investimenti ESG" per le aziende della difesa è un obiettivo politico esplicito, come confermato dalla Commissione UE, la modalità con cui questo viene perseguito – ovvero attraverso una ridefinizione o rilettura del concetto stesso di ESG – crea un precedente e un potenziale terreno di confusione. Gli investitori si trovano a navigare in un panorama in cui ciò che era considerato "non sostenibile" può diventare "sostenibile" sotto una nuova etichetta dettata da priorità diverse. Sebbene le ragioni strategiche siano comprensibili nel contesto attuale, la facilità con cui il concetto di ESG sembra potersi adattare a contesti radicalmente diversi, anche sotto la spinta di dibattiti internazionali come quello americano, rischia di creare incertezza e confusione tra gli investitori, mettendo in discussione la sua credibilità come faro per decisioni d'investimento realmente allineate con principi ambientali e sociali nel senso in cui è nato e si è diffuso.
In conclusione, la svolta nell'interpretazione dell'acronimo ESG in Europa per includere il settore della difesa è un chiaro riflesso delle pressanti necessità geopolitiche che stanno rimodellando le priorità economiche e finanziarie. Tuttavia, la rapidità e la natura di questa trasformazione, con la ridefinizione esplicita dei suoi pilastri che avviene in un contesto globale già segnato dal dibattito "anti-ESG" statunitense, sollevano importanti questioni sulla coerenza e sul futuro della finanza sostenibile. Se da un lato risponde a innegabili esigenze strategiche di sicurezza e autonomia, dall'altro la continua ridefinizione o rilettura del concetto rischia di svuotarlo di significato o di renderlo così flessibile da perdere la sua utilità come strumento di orientamento chiaro e affidabile. La sfida sarà mantenere una certa coerenza concettuale, o riconoscere onestamente che stiamo assistendo alla nascita di nuovi standard (come il "Nuovo ESG" di Euronext), distinti dal precedente, per evitare che il rischio confusione mini la fiducia nell'intera categoria degli investimenti "sostenibili".