La storia infinita dei certificatori del TCF: siamo davvero prossimi al traguardo?
di Chiara Forino
I certificatori del Tax Control Framework (TCF) saranno operativi in tempo per rispettare le scadenze fissate dal legislatore?
È questa la domanda che le società che hanno già presentato istanza di ammissione al Regime di Adempimento Collaborativo si pongono dopo l’approvazione del 25 giugno da parte del CNDCEC del regolamento sul funzionamento dell’elenco dei professionisti abilitati a certificare il TCF per l’ammissione al Regime di adempimento collaborativo o per il c.d. TCF opzionale.
Prima di calcolare, calendario alla mano, quando i commercialisti iscritti al CNDCEC potranno effettivamente rilasciare la certificazione, è utile ripercorrere i quasi due anni trascorsi dall’introduzione di quest’obbligo, avvenuta a dicembre 2023 nell’ambito della profonda riforma della Cooperative Compliance nazionale delineata dalla Legge delega 111 del 9 agosto 2023.
L’articolo 17, comma 1, delega il Governo a potenziare il Regime di adempimento collaborativo istituito con il Dlgs n. 128/2015. Per quanto di interesse, tale delega ha introdotto la possibilità “di certificazione da parte di professionisti qualificati dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale anche in ordine alla loro conformità ai principi contabili”. Si modifica il ruolo dell’Amministrazione finanziaria nella verifica dei requisiti e si introduce un nuovo attore: il professionista qualificato che finora aveva agito solo come consulente.
Il 3 gennaio 2024 viene pubblicato in GU il Dlgs n. 221 del 30 dicembre 2023, che, con l’articolo 1, aggiunge tre commi al primo comma dell’articolo 4 del Dlgs n. 128/2015. L’articolo 1-bis introduce l’obbligo di certificazione del TCF e delinea le prime caratteristiche dei soggetti abilitati al suo rilascio, l’articolo 1-ter stabilisce che il MEF, di concerto con il Ministero della Giustizia e sentiti gli ordini professionali coinvolti, disciplini con regolamento i requisiti dei professionisti abilitati, mentre l’1-quater attribuisce all’Agenzia delle entrate l’emissione delle linee guida con le indicazioni per la predisposizione di un TCF standardizzato e le modalità di certificazione.
Esattamente un anno dopo viene pubblicato in GU il decreto interministeriale 212 del 12 novembre 2024. Il MEF, sentiti gli Ordini professionali e udito il parere del Consiglio di Stato, di concerto con il Ministero della Giustizia delinea il regolamento contenente i requisiti, i compiti e gli adempimenti dei professionisti abilitati alla certificazione del TCF. Oltre all’iscrizione all’albo per un periodo di almeno cinque anni, il professionista deve essere in possesso dei requisiti di onorabilità e delle capacità professionali in materia di sistemi di controllo interno e risk management, di principi contabili e di diritto tributario, da acquisire tramite percorsi formativi erogati dagli ordini stessi. Il decreto disciplina quindi l’elenco dei professionisti abilitati (articolo 3), lo stringente requisito di indipendenza (articolo 4), le attività propedeutiche all’accettazione dell’incarico (articolo 5) e gli obiettivi e le modalità di svolgimento delle attività necessarie al rilascio della certificazione.
Segue il decreto del Viceministro dell’Economia e delle finanze del 21 novembre 2024, che stabilisce, per le società già ammesse al regime, il solo obbligo dell’attestazione del TCF, da produrre entro il 31 dicembre 2026, in luogo della più articolata certificazione richiesta ai nuovi istanti.
Nonostante la puntualità delle indicazioni normative, nel 2024 è stato impossibile ottenere la certificazione, in assenza dell’implementazione degli aspetti operativi, con il rischio concreto di bloccare la presentazione delle istanze di ammissione al regime e impedire l’implementazione del neonato TCF opzionale.
Con il decreto 6 dicembre 2024, il Viceministro Leo vi pone rimedio, prevedendo, nelle disposizioni transitorie, un rinvio al 31 dicembre 2025 del termine di presentazione della certificazione delle istanze di ammissione presentate entro la chiusura del periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024.
A gennaio 2025 l’Agenzia delle entrate pubblica le linee guida per la predisposizione del TCF standardizzato e per la sua certificazione. Ad aprile il Consiglio Nazionale Forense, il CNDCEC, il MEF e la Agenzia delle Entrate sottoscrivono il protocollo d’intesa con i termini e le modalità di individuazione dei titoli e delle competenze professionali valutabili per il rilascio dell’attestazione di certificazione. In particolare, si definiscono i percorsi formativi: 3 moduli con durata minima complessiva di 80 ore, di cui almeno la metà dedicata ai sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi e test di valutazione finale per ogni modulo, secondo modalità stabilite dai Consigli nazionali interessati, di concerto con il MEF e l’Agenzia delle entrate. Nel protocollo sono inoltre elencate le esenzioni totali o parziali dalla formazione e dalla valutazione per chi dimostra una consolidata esperienza sul campo o viene da precisi ambiti del mondo accademico.
Infine, il 25 giugno Il CNDCEC ha adottato il regolamento “recante disposizioni sul funzionamento dell’elenco dei commercialisti abilitati alla certificazione del sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale”. In nove articoli, il Consiglio stabilisce numerosi aspetti operativi su formazione, gestione dell’elenco e monitoraggio. L’elenco sarà tenuto in modalità informatica e pubblicato sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate (articolo 3). L’articolo 4 delinea le modalità di richiesta di iscrizione, con tutti gli allegati attestanti il possesso dei requisiti e il diritto di esenzione totale o parziale dalla formazione, mentre l’articolo 5 introduce la Commissione paritetica, composta da nove componenti in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, del Consiglio Nazionale Forense e del CNDCEC, che si riunirà con cadenza mensile per esaminare le domande di iscrizione ricevute dagli Ordini. L’esito dell’attività istruttoria si conclude con voto favorevole a maggioranza o con una comunicazione con le ragioni del mancato riconoscimento dei requisiti, cui il professionista potrà rispondere con eventuali osservazioni tramite il proprio Ordine. Tuttavia, è l’Ordine di appartenenza ad avere l’onere di verificare la sussistenza dei requisiti e la facoltà di accertare la veridicità delle dichiarazioni rese dai richiedenti, mentre la Commissione paritetica rilascia un parere non vincolante.
Il regolamento infine chiarisce le tempistiche entro cui si deve perfezionare il procedimento di valutazione delle domande di iscrizione. Grazie a questo i professionisti interessati possono iniziare a valutare entro quando potranno proporsi come certificatori.
I soggetti totalmente esentati da formazione e valutazione potrebbero ottenere la qualifica di certificatori dal proprio Ordine al termine dei 90 giorni, decorrenti dalla presentazione della domanda o dal ricevimento della documentazione integrativa, richiedibile una sola volta entro 30 giorni dalla ricezione della domanda. In caso di esito negativo, il professionista ha 15 giorni per presentare le proprie osservazioni e ricevere, entro 120 giorni dalla presentazione della domanda, l’esito definitivo tramite provvedimento di iscrizione o di diniego succintamente motivato emesso dall’Ordine.
Ipotizziamo lo scenario migliore: regolamento pubblicato a inizio luglio con la modulistica approvata, immediata pubblicazione dell’elenco sul sito dell’Agenzia, istantanea analisi delle domande da parte dell’Ordine e della Commissione. In questo caso l’istruttoria “perfetta” si concluderebbe entro la fine di ottobre, considerando la sospensione agostana. Questi “pionieri” avrebbero poco più di due mesi per accettare l’incarico, analizzare ex novo un TCF ed emettere la certificazione, producendo tutta la documentazione a supporto dell’attività svolta senza alcun modello di riferimento, per rispettare il termine del 31 dicembre fissato per le istanze 2024. Tempistiche decisamente sfidanti, se non ci si vuole limitare a un’analisi formale.
Ancora più ardua la situazione per chi non gode di alcuna esenzione. Stando alle ultime dichiarazioni del Viceministro Leo, infatti, i corsi saranno avviati a settembre 2025. Considerando la durata minima dei corsi e le tempistiche per i test, gli aspiranti certificatori potrebbero presentare domanda di iscrizione e gli allegati attestanti il possesso dei requisiti di professionalità non prima di ottobre. Quindi anche solo con i 90 giorni a disposizione per il perfezionamento dell’istruttoria, nessuno potrebbe nemmeno accettare l’incarico prima dell’inizio dell’anno nuovo.
Considerato che non ci troviamo nello scenario ideale, che ad oggi non sono ancora stati comunicati i calendari dei diversi moduli formativi e che, per quanto operativo, il regolamento adottato dal CNDCEC richiede diverse implementazioni pratiche, quali la nomina della Commissione, l’implementazione dell’elenco e l’aggiornamento del sito dell’Agenzia delle entrate, l’orizzonte temporale per l’effettiva operatività dei certificatori non sembra compatibile con le attuali scadenze. Senza contare il coordinamento con analogo regolamento del Consiglio Nazionale Forense, ancora da approvare. Il tutto in un periodo dell’anno già impegnativo per i professionisti. Per questo è auspicabile un intervento legislativo che consenta una proroga dei termini di presentazione delle certificazioni per i soggetti che hanno già presentato istanza di ammissione. In alternativa, il legislatore potrebbe riattribuire all’Agenzia delle entrate l’istruttoria di validazione dei TCF, come avveniva anteriforma. Troppo audace ipotizzare una sinergia tra neo-certificatori e Amministrazione finanziaria, in modo da consentire da un lato l’avvio ufficiale della lavorazione delle istanze presentate nel 2024 rimaste formalmente sospese e, dall’altro, un confronto diretto e costruttivo tra chi fino a ieri ha svolto le attività di verifica del TCF e chi d’ora in avanti dovrà attestarne la struttura e l’efficacia.