Anche in ordine al regime fiscale IVA dell’operazione di scissione mediante scorporo si rende necessario uno specifico esame – considerato che il Dlgs 192/2024 ha trascurato la tematica - sempre in virtù della sua struttura ricalcante quella del conferimento, che in dottrina (G. Fransoni “La scissione mediante scorporo e l’IVA” in “Profili tributari dello scorporo”, Giappichelli Editore) ha generato taluni fraintendimenti nel particolare caso di scorporo di singoli beni non costituenti almeno un ramo di azienda.
Nel documento di ricerca della Fondazione nazionale dei commercialisti del 30 maggio 2024 è solo dato rinvenire un raccordo con le norme vigenti che disciplinano le scissioni classiche e la loro esclusione in ogni caso da Iva ai sensi dell’articolo 2, comma 3, lett. f), del Dpr 633/1972 per il quale testualmente: “non sono considerate cessioni di beni i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni societarie…”.
Nel documento di ricerca viene però avvisato sul diverso intendimento esegetico espresso in dottrina ed il richiamo non può che raccordarsi allo scritto sopra citato del prof. Fransoni.
A tale proposito la disamina della questione non può che dipartire dalla considerazione, già sopra rappresentata, che trattasi di una fattispecie di scissione strutturalmente ricalcante l’operazione di conferimento, con la peculiarità che la quota corrispondente al capitale sociale di sottoscrizione della beneficiaria neocostituita viene attribuita alla scissa e non ai suoi soci secondo gli ordinari paradigmi della scissione classica. La dinamica strutturale si risolve, quindi, nello scambio del compendio patrimoniale attribuito alla beneficiaria con la partecipazione in quest’ultima.
Venendo ora a specificare il quadro normativo IVA di riferimento, esso si raccorda:
- all’articolo 2, comma 3, Dpr 633/1972, lett. b), a mente del quale: Non sono considerate cessioni di beni: le cessioni e i conferimenti … che hanno per oggetto aziende o rami di azienda…,
- all’articolo 2, comma 3, Dpr 633/1972, lett. f), a mente del quale: Non costituiscono cessioni di beni i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni, o trasformazioni di società...
Mentre, quindi, qualora si ritenga privilegiare l’indagine sostanziale dell’operazione fondata sulla struttura del conferimento, la scissione mediante scorporo non riassume il presupposto oggettivo IVA nel solo caso lo scorporo riguardi un compendio patrimoniale costituente almeno un ramo di azienda, dovendosi invece assoggettare ad iva i conferimenti dei singoli beni, nel caso si ritenga privilegiare la configurazione civilistica dell’operazione che la connota come una scissione soggetta in ogni caso all’ordinario governo normativo degli articoli 2506 e ss. del Codice civile, la rappresentata lett. f) la connota in ogni caso fuori campo IVA, anche se lo scorporo non viene a rappresentarsi come un modello organizzato di beni d’impresa, ma è costituito solo da alcuni cespiti e al limite anche da uno solo.
La dottrina (Fransoni, op. cit) che ritiene di dover dare priorità alla configurazione strutturale dell’operazione ricalcante il conferimento, rileva come nel caso in esame lo scambio della partecipazione della beneficiaria con lo scorporo dei beni della scissa, viene a configurarsi alla stregua di una cessione di beni a titolo oneroso che, ai fini IVA, riassume le prerogative tipiche del presupposto oggettivo dell’ordinario atto di scambio.
In altri termini per tale dottrina, mentre nella scissione classica, si verifica solo una sostituzione delle partecipazioni dei soci senza alcun fenomeno patrimoniale additivo nel loro compendio (il modello sostitutivo infatti si limita a diversificare sul piano qualitativo le partecipazioni dei soci), nel caso della scissione mediante scorporo si registra un diretto effetto permutativo tra beni di primo grado e beni di secondo grado nel rapporto scissa - beneficiaria che, da una parte lascia quantitativamente invariato il patrimonio della scissa, e dall’altro nei confronti dei soci non determina alcun riparto qualitativo delle loro originarie quote. La configurazione dello scorporo alla stregua di un atto di scambio oneroso e la visione esegetica orientata ad attribuire rilevanza prioritaria alla ricopiatura strutturale della scissione mediante scorporo all’operazione di conferimento, porta a raccordare il governo iva alle previsioni dell’articolo 2, comma 3, lett. b, Dpr 633/1972 che escludono dal presupposto oggettivo solo i conferimenti di aziende o almeno di rami d’azienda.
Chi scrive ritiene invece che la separazione delle due previsioni di legge - lett. b) ed f ) del citato comma 3 - avutasi a decorrere dal 1998 a seguito delle modifiche introdotte con l’articolo 1, comma 1, del DLgs 313/1997, derivi non solo dalla necessità di conseguire un’effettiva armonizzazione della legge IVA nazionale con le superiori prescrizioni comunitarie che prevedevano e prevedono il regime di esclusione IVA per le sole operazioni di conferimento e cessione di azienda, ma anche dalla metabolizzazione concettuale del legislatore nazionale ad assumere le operazioni di scissione e fusione alla stregua di mere operazioni sui soggetti e non sui beni, nelle quali cioè sono intravedibili solo evolutive modifiche riorganizzative delle originarie società e mai autentici atti traslativi di scambio e indipendentemente dalla natura dei beni trasferiti (singoli beni o compendi aziendali).
In altri termini nel riferire la citata lett. f) a indistinti passaggi di beni occasionati da scissioni, fusioni e trasformazioni, il legislatore intenda privilegiare la configurazione civilistica delle operazioni (di mera modifica statutaria/riorganizzativa), sovrastandola alla natura dei beni trasferiti. Tale prioritaria considerazione legislativa della scissione alla stregua della cd. operazione sui soggetti in luogo di quella cd. sui beni, determina in ogni caso l’esclusione da iva di tali passaggi di beni e la debenza delle sole imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa.
Si ritiene di dover anche sottolineare che se nella scissione con scorporo non avente ad oggetto un’azienda si rende intravedibile, come ritenuto dalla citata dottrina, un atto di scambio a titolo oneroso includibile nel regime IVA, venendo il compendio patrimoniale permutato con la partecipazione, tale atto di scambio appare intravedibile anche nelle scissioni classiche, dal momento che lo scambio qualitativo delle partecipazioni in capo ai soci appare riconducibile ad una complessiva articolazione contrattuale con una dinamica di effetti giuridici che ricalca la portata sostanziale dello scambio.
Mentre nella scissione con scorporo la scissa scambia per il tramite di un’interazione diretta propri asset con la partecipazione, nella scissione con scorporo i beni della scissa determinano l’acquisizione delle partecipazioni della beneficiaria in capo ai soci della scissa, con un’invarianza di effetti patrimoniali ricalcante la scissione con scorporo. La società ed i soci formano, come desumibile dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di estinzione della società e del connesso fenomeno successorio nei confronti dei soci, un raccordo che ricongiunge un sostrato personale ed una sovrastruttura dotata di speciali prerogative giuridiche, per cui nella scissione ordinaria, anche se il fenomeno riorganizzativo diparte dalla società (con l’attribuzione alla beneficiaria del compendio patrimoniale) e si conclude con la diversificazione delle partecipazioni in capo ai soci della scissa, proprio dall’intima coesione della società con i soci diventa intravedibile uno scambio di beni che, già nel passato, avrebbe, quindi, già dovuto far insorgere la questione controversa in ordine all’IVA.
Conclusivamente, anche se appare evidentemente necessario un intervento dirimente da parte del legislatore, chi scrive ritiene privilegiabile correlare alla scissione con scorporo la sua tradizionale natura di mera operazione riorganizzativa e non traslativa di beni, con esclusione da ogni rilevanza IVA, per mancanza del presupposto oggettivo della medesima.