La qualificazione giuridica del bollo in fattura nel regime forfettario: un’obbligazione civilistica travisata in chiave tributaria
di Simona Baseggio e Barbara Marini
La questione della corretta qualificazione giuridico-fiscale dell’imposta di bollo indicata in fattura dai contribuenti in regime forfettario torna, con puntuale ricorrenza, a occupare l’attenzione degli interpreti in occasione delle campagne dichiarative. L’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello n. 428 del 12 agosto 2022, che ancora una volta ci fa interrogare sulla necessità di alcuni professionisti di chiedere spiegazioni interpretative all’Agenzia delle Entrate, ha sostenuto che i due euro del bollo, se addebitati in fattura al cliente, costituiscono un ricavo del prestatore (o cedente) e concorrono, pertanto, alla formazione del reddito secondo il coefficiente di redditività previsto dal regime agevolato. Tale lettura ha progressivamente assunto una forza quasi normativa nella prassi corrente, imponendosi più per adesione imitativa che per solidità argomentativa.
In effetti, se nella generalità dei casi l’entità esigua delle somme in discussione ha reso marginale il dibattito, esistono non pochi contesti in cui l’incidenza economica cumulata del bollo può risultare tutt’altro che trascurabile. Si pensi, ad esempio, a soggetti che emettano numerose fatture di modesto importo, ovvero a coloro che si trovino prossimi al limite massimo di ricavi annui previsto per la permanenza nel regime forfettario. In questi casi, l’inclusione dei bolli come ricavi può costituire la causa, paradossale quanto inopportuna, dell’esclusione dal regime agevolato stesso.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Blast - Quotidiano di diritto economia fisco e tecnologia per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.