La lingua italiana come “bene culturale in sé”: a che punto siamo?
di Gloria Mancini Palamoni
Nel 2017 la Corte costituzionale riconosce per la prima volta la lingua italiana come “bene culturale in sé”, sebbene fosse già da tempo ritenuta espressione del patrimonio linguistico e culturale, nonché vettore della storia e dell’identità della comunità nazionale e dei suoi valori perché consostanziale all’esistenza umana.
Il caso che aveva portato alla decisione della Consulta, riaccendendo il dibattito sulla costituzionalizzazione dell’idioma italiano e sulla necessità di una “politica linguistica”, era scaturito dal ricorso, promosso da un centinaio di docenti del Politecnico di Milano, avverso la delibera del Senato accademico con la quale, con l’obiettivo di incrementare l’internazionalizzazione dell’Ateneo, erano stati attivati corsi di laurea magistrale e di dottorato di ricerca esclusivamente in lingua inglese (queste le decisioni: T.A.R. Lombardia, Milano, III, 23 maggio 2013, n. 1348; Cons. St., VI, ord. 22 gennaio 2015, n. 242, Corte cost., 24 febbraio 2017, n. 42; Cons. St., VI, 29 gennaio 2018, n. 617).
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