La firma elettronica è ormai da diversi anni uno strumento consolidato, largamente utilizzato da professionisti e imprese per gestire documenti e processi in formato digitale.
Per i professionisti, chiamati a interfacciarsi quotidianamente con clienti e Pubblica Amministrazione, conoscerne regole, differenze e valore giuridico è fondamentale per assicurare conformità normativa e per semplificare i flussi di lavoro.
Tuttavia, dietro l’espressione generica “firma elettronica” si nasconde un universo articolato: firme semplici, avanzate, qualificate e la particolare firma digitale prevista dall’ordinamento italiano. Ciascuna tipologia ha requisiti, garanzie e conseguenze legali differenti.
Abbiamo già scritto, in precedenti contributi, della conservazione a norma e della creazione del documento informatico: con la firma elettronica si chiude idealmente il ciclo di gestione digitale dei documenti.
In questo intervento ci proponiamo quindi di chiarire i concetti di base, collegandoli agli articoli di legge pertinenti e offrendo esempi concreti di applicazione nello studio professionale.
Quadro normativo di riferimento
Il riferimento principale è il Regolamento (UE) n. 910/2014 (eIDAS), recentemente aggiornato dal Regolamento (UE) 2024/1183. Questo regolamento definisce a livello europeo identità digitale e servizi fiduciari, stabilendo in modo uniforme le tipologie di firme elettroniche e i requisiti che ne garantiscono validità e riconoscimento transfrontaliero. L’approccio europeo è quindi quello di creare un quadro comune valido per tutti gli Stati membri.
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