La cessione dello studio professionale è un traguardo, non una sconfitta
Michele D’Agnolo
La cessione di uno studio professionale dovrebbe rappresentare il coronamento di una carriera, un passaggio di testimone che garantisce continuità ai clienti e valore al professionista uscente, il momento di godersi finalmente un po’ di tempo libero.
Eppure, la realtà racconta una storia diversa: molti professionisti aspettano troppo a lungo prima di vendere o “trasmettere” il proprio studio, rischiando di disperdere il valore accumulato in anni di lavoro.
Questo accade per molteplici ragioni, che affondano le loro radici non solo in considerazioni economiche e organizzative, ma anche e soprattutto in dinamiche psicologiche profonde delle quali raramente si parla.
Diciamocelo francamente: uno dei principali ostacoli è la paura della morte e dell’oblio. Esercitare una professione non è come svolgere un lavoro. Professare è più che lavorare, è un’esperienza di vita pervasiva che plasma e orienta l'esistenza del professionista. Di conseguenza, per molti lo studio non è solo un'attività economica volta al proprio mantenimento o all'accumulazione di ricchezza, ma una vera e propria longa manus, un'autentica estensione della propria identità. In questi casi, l’idea di cedere il proprio studio è vissuta inconsciamente come un passo verso la fine della propria vita attiva, quasi una resa alla vecchiaia. Questo aspetto porta a rimandare decisioni cruciali fino a quando il declino professionale e fisico non rende la cessione inevitabile, ma molto meno vantaggiosa.
Immancabilmente, lo studio di un professionista non più sulla cresta dell'onda e che non pianifica la propria successione ad un certo punto comincia a perdere i pezzi: clienti migliori che temono per la continuità delle prestazioni, collaboratori che non vedono prospettive di carriera, dipendenti che temono di rimanere abbandonati a sé stessi. Di solito si crea un meccanismo di selezione avversa che aggrava la spirale.
A questo spesso si aggiunge il senso di colpa per l’abbandono del proprio dovere. Professionisti come avvocati, commercialisti, medici e consulenti spesso instaurano un rapporto di forte responsabilità con i clienti. L’idea di lasciarli può generare un senso di colpa che spinge a procrastinare la decisione di uscita, temendo di tradire la fiducia costruita negli anni.
Questi professionisti hanno trascorso decenni a risolvere problemi, a fornire consulenze e a costruire relazioni di fiducia. La convinzione di essere indispensabili rende difficile accettare che qualcun altro possa subentrare con lo stesso livello di competenza e dedizione.
Un’altra resistenza è legata alla difficoltà nel delegare e alla paura di perdere il controllo. Dopo una vita passata a prendere decisioni in autonomia, delegare ad altri diventa un’impresa difficile. L’ansia che il successore possa non essere all’altezza o che le cose non vengano fatte “come le avrei fatte io” è un grande ostacolo psicologico. Questo timore si traduce spesso in un attaccamento eccessivo alla gestione operativa dello studio, ritardando qualsiasi piano di cessione.
Al contrario, talvolta si sono verificati casi di professionisti che hanno boicottato inconsciamente, fino ad affossarli, progetti di successione generazionale quando il collega subentrante era troppo bravo, come a volere dimostrare a sé stessi la propria unicità e insostituibilità.
Inoltre, vi è spesso il timore di dovere vivere un enorme vuoto esistenziale. Il lavoro rappresenta spesso, oltre che un impegno totalizzante, anche la principale fonte di identità e soddisfazione per i professionisti. La paura di trovarsi senza uno scopo chiaro dopo la cessione porta a rimandare il passaggio, anche a costo di perdere valore economico. L’idea di non avere più un’agenda piena di impegni, di non essere più richiesti dai clienti o di non poter più contribuire attivamente alla propria professione spaventa enormemente.
Tuttavia, superare queste resistenze è possibile. Cambiare prospettiva sulla cessione è fondamentale: vendere o trasferire lo studio non significa “finire”, ma piuttosto aprire una nuova fase della propria vita. Il detto secondo il quale il libero professionista è libero di fare quello che vogliono i suoi clienti viene finalmente meno. Il professionista in fase di quiescenza può prendersi il lusso di scegliere clienti e incarichi che più gli aggradano, tralasciando il resto. Preparare per tempo il futuro, che si tratti di attività di mentoring, consulenze occasionali o dedicarsi a passioni personali, aiuta a ridurre il timore del vuoto. Un’altra strategia utile è costruire una transizione graduale, prevedendo un periodo di affiancamento con il successore. Questo riduce il senso di colpa e consente di mantenere un ruolo attivo per un periodo transitorio, offrendo supporto ai clienti e garantendo continuità. Pensare alla cessione come un’opportunità di valorizzare il proprio lavoro e garantire il futuro dello studio aiuta a vedere il passaggio come un atto di responsabilità e lungimiranza, anziché una fuga o una rinuncia. Anche se al professionista medio non viene naturale chiedere aiuto, in questo processo coinvolgere esperti e consulenti specializzati in passaggi generazionali è spesso di grandissimo giovamento. Un supporto esterno consente di strutturare una cessione strategica, valorizzando al massimo l’attività e rendendo il processo più sereno e sicuro.
Affrontare il tema della successione con largo anticipo è un altro passo essenziale. La cessione di uno studio professionale non è un evento improvviso, ma un processo che va pianificato con anni di anticipo. Prepararsi per tempo permette di individuare il giusto successore, massimizzare il valore economico e garantire una transizione armoniosa. Chi affronta questa fase con una visione strategica può trasformarla in un’opportunità, anziché viverla come una minaccia. La cessione dello studio non dovrebbe essere vista come una fine, ma come un passaggio naturale e positivo. Affrontare le proprie paure e resistenze, con il supporto di esperti e una pianificazione adeguata, consente di trasformare questa fase in un’opportunità di crescita, garantendo soddisfazione personale e continuità professionale. Iniziare a pensarci per tempo significa assicurarsi un futuro sereno e preservare il valore del proprio lavoro, permettendo a chi subentra di ricevere un’attività solida e ben strutturata. Solo così la cessione può trasformarsi in un’operazione di successo, sia dal punto di vista economico che emotivo.