La burocrazia in Italia costa 80 miliardi di euro alle piccole e medie imprese
di Pierpaolo Molinengo
80 miliardi di euro ogni anno: è il costo che la burocrazia rappresenta per le piccole e medie imprese italiane, che, purtroppo, devono sostenere sulle loro spalle un peso economico enorme.
Stiamo parlando di un costo che va ad incidere soprattutto le microimprese, le quali devono cercare di destreggiarsi tra una trafila di moduli da compilare, documenti da produrre, file agli sportelli solamente per riuscire a portare a casa una semplice informazione.
Ad essere schiacciati da questi disagi, ogni giorno, sono una miriade di imprenditori. A portare alla luce, ma soprattutto a denunciare la situazione, ci ha pensato (ancora una volta) la Cgia di Mestre.
La burocrazia, un costo enorme per le PMI
Nel corso degli ultimi anni, in realtà, qualche passo in avanti è stato compiuto. Ma le norme, nel nostro Paese, continuano a rimanere complesse: troppo spesso l’impossibilità pratica di applicarle costituisce un vero e proprio psicodramma, di difficile sopportazione. Non bisogna poi dimenticare che i tempi medi per riuscire ad ottenere permessi e autorizzazione da parte della Pubblica Amministrazione sono tra i più rilevanti d’Europa. L’Italia non tiene il passo con gli alleati del vecchio continente: un ritardo di cui non si può certamente andare fieri e che è riconducibile, almeno nella maggior parte dei casi, a dei livelli di digitalizzazione dei servizi pubblici che risulta, ancora oggi, troppo basso.
A pagare dazio a questa situazione sono le aziende, costrette a sottrarre del tempo prezioso e delle risorse economiche importanti a molte loro attività produttive.
Ovviamente non possiamo fare di tutta un’erba un fascio: la stessa Cgia di Mestre, nella sua analisi, non può certamente disconoscere che anche in Italia la Pubblica Amministrazione ha delle punte di eccellenza, che risultano essere apprezzate ed invidiate. Basti pensare alla sanità, alla ricerca o all’università. Per non dimenticare quanto accade nel comparto della sicurezza.
Ma se quello che abbiamo riportato fino a questo momento è certamente vero, bisogna anche sottolineare che la macchina dello Stato, guardata nel suo complesso, funziona con molte difficoltà, soprattutto se si va a guardare cosa sta accadendo in molte regioni del Sud Italia, dove l’inefficienza è uno dei tratti caratteristici di molte realtà pubbliche.
Come se questo non bastasse, molte imprese e cittadini sono preoccupati dai tempi di risposta e dai costi della burocrazia, che nel 2025 sono diventati una patologia difficilmente sopportabile. La Cgia di Mestre mette in evidenza che sarebbe necessario un servizio pubblico efficiente che sia al tempo stesso economicamente vantaggioso. Quello che ci ritroviamo ad affrontare è una macchina pubblica che in molti casi fa acqua da tutte le parti, che con molta fatica riesce a tenere il passo con i cambiamenti che la nostra epoca sta attraversando.
In Italia verranno tagliate 30.700 norme
Per risolvere la situazione delle piccole e medie imprese italiane non esistono delle soluzioni miracolistiche. Secondo la Cgia di Mestre, comunque, procedere con la semplificazione del quadro normativo è il primo passo da compiere, in modo da riuscire ad alleggerire il peso della burocrazia nostrana.
Qualche segnale in questo senso sembrerebbe arrivare all’orizzonte. All’inizio del mese di aprile il governo Meloni ha varato un disegno di legge che prevede l’abrogazione di qualcosa come 30.700 norme che sono state emanate tra il 1861 ed il 1946. Nel caso in cui si riuscisse realmente in questo intento, lo stock delle norme vigenti sarebbe ridotto del 28 per cento. Ovviamente la speranza è che i tempi per approvare questo taglio siano effettivamente ragionevoli.
L’Italia tra i Paesi peggiori dell’Unione europea
Volendo andare a confrontare l’Italia con gli altri Paesi dell’Unione europea, emerge che la nostra Pubblica Amministrazione è particolarmente inefficiente. Stando ad una recente indagine effettuata dalla Banca Europea degli Investimenti, il 90 per cento delle imprese italiane ha dichiarato di avere del personale impiegato per adempiere agli obblighi normativi. Tra i Paesi big dell’Unione, nessun altro ha registrato un risultato peggiore. Se in Francia il dato si è attestato all’87 per cento, in Germania è sceso all’84 e in Spagna all’ 82. La media UE, invece, si è stabilizzata all’86 per cento.
Indubbiamente uno dei dati più preoccupanti che emergono dalla ricerca effettuata dalla Cgia di Mestre emerge che, nel nostro Paese, il 24 per cento degli imprenditori intervistati ha dovuto ammettere di impiegare il 10 per cento del proprio personale per espletare le varie formalità che sono previste dalla legge. Il dato scende:
● al 14 per cento in Francia e in Spagna;
● all’11 per cento in Germania.
Giusto per avere un’idea, la media nell’Unione europea è pari al 17 percento.