L’ Editoriale - La Corte Costituzionale reinterpreta l’articolo 32 del Dpr 600/1973
di Andrea Carinci
Con la sentenza 137 del 28 luglio 2025, la Corte Costituzionale fornisce un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 32, comma 4, del Dpr 600/1973.
Si tratta di una sentenza interpretativa di rigetto, nel senso che nel dichiarare inammissibile il quesito di costituzionalità, la Corte lo fa sull’assunto che alla norma censurata deve assegnarsi un preciso significato, l’unico che ne consente un’interpretazione costituzionalmente orientata. Sul punto, va allora evidenziato che l’interpretazione delle norme non è compito della Corte Costituzionale, ma semmai della Corte di Cassazione. Ciò significa che l’interpretazione offerta dalla Consulta non dovrà essere necessariamente seguita dalle corti; non di meno, è però vero che l’interpretazione fornita è quella che salva la costituzionalità della norma, per cui, nel caso non venisse in concreto seguita, la Corte sarebbe in futuro costretta ad intervenire per dichiarare l’incostituzionalità della norma.
Nel merito, cosa afferma la Corte? Sostanzialmente che l’articolo 32 comma 4, laddove prescrive che «Le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell'ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell'accertamento in sede amministrativa e contenziosa» è ispirato alla logica di favorire il dialogo anticipato e la collaborazione tra fisco e contribuente. In quanto tale, è assolutamente giustificato e compatibile con l’assetto costituzionale. Ma a condizione di adottarne un’interpretazione tale da ridurne fortemente l’operatività.
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