IVA e beni di terzi: l’Agenzia conferma la spettanza del rimborso
di Simona Baseggio e Barbara Marini
La risposta a interpello 155 del 12 giugno 2025 si colloca nel solco di un’evoluzione interpretativa ormai matura in tema di rimborso IVA relativo a spese sostenute su beni di terzi. Pur muovendo formalmente da un quesito sollevato da un Gruppo IVA operante nel settore delle energie rinnovabili, il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate assume una portata ben più ampia, estendendosi ben oltre il perimetro soggettivo della fattispecie esaminata.
Il punto centrale della vicenda riguarda la possibilità, per un soggetto passivo IVA, di ottenere il rimborso dell’imposta detraibile ai sensi dell’articolo 30, comma 3, lett. c), del Dpr 633/1972, con riferimento a investimenti realizzati su beni non di proprietà, ma detenuti in virtù di un diritto reale o personale di godimento. In particolare, il Gruppo in questione ha realizzato impianti fotovoltaici su terreni concessi in diritto di superficie trentennale, alcuni dei quali sono stati ceduti, mentre altri sono rimasti nella sua disponibilità per la produzione di energia.
Il dubbio interpretativo, ampiamente avvertito anche in dottrina e nella giurisprudenza, risiedeva nella possibilità di considerare tali impianti “beni ammortizzabili” ai fini del rimborso IVA, pur in assenza di titolarità proprietaria in capo al soggetto che ha sostenuto l’investimento.
È alle Sezioni Unite della Cassazione che si deve il chiarimento risolutivo: con la sentenza n. 13162 del 2024, la Suprema Corte ha stabilito che “l'esercente attività d'impresa o professionale ha diritto al rimborso dell'IVA per i lavori di ristrutturazione o manutenzione di immobili dei quali non è proprietario, ma che detiene in virtù di un diritto personale di godimento, purché sia presente un nesso di strumentalità tra tali beni e l'attività svolta”. Con tale principio, la Corte ha posto fine a un acceso dibattito interpretativo: da un lato, l’orientamento restrittivo faceva leva sulla lettera dell’articolo 30, laddove si fa riferimento all’“acquisto” di “beni ammortizzabili”, ritenendo dunque precluso il rimborso per opere su beni non propri; dall’altro, l’indirizzo favorevole, avallato dalle Sezioni Unite, muoveva dal principio unionale di neutralità dell’imposta, secondo cui il soggetto passivo deve poter recuperare integralmente l’eccedenza detraibile, in condizioni adeguate e senza dover sopportare rischi finanziari ingiustificati, mediante un sistema di rimborso effettivo e tempestivo.
La Corte ha chiarito che la nozione di “bene ammortizzabile” rilevante ai fini IVA deve essere intesa in senso lato, come “bene d’investimento” secondo l’accezione comunitaria, che prescinde dalla proprietà e valorizza la destinazione del bene all’attività economica del soggetto passivo per un periodo prolungato. Di qui il superamento della correlazione rigida con le regole dell’ammortamento previste dal Tuir.
Sul piano amministrativo, la conferma di questo nuovo indirizzo è giunta con la risoluzione 20/E del 26 marzo 2025, che ha recepito formalmente i principi sanciti dalla giurisprudenza. Essa abbandona la precedente prassi (Ris. 179/E/2005) che negava il rimborso per opere inseparabili su beni altrui, riconoscendo ora che anche queste, se strumentali all’attività e capitalizzate nel bilancio, possono dare luogo a detrazione e rimborso.
Con la risposta a interpello 155, l’Agenzia richiama la propria risoluzione 20/E del 2025 e la sentenza 13162/2024 delle Sezioni Unite, recependone i principi e ribadendo che, ai fini del rimborso IVA, non assume rilievo la titolarità proprietaria del bene quanto la sua strumentalità rispetto all’attività esercitata e la stabilità del rapporto giuridico che ne consente l’utilizzo.
Nel caso di specie, pur in presenza di un Gruppo IVA, soggetto unitario agli effetti dell’imposta, l’Agenzia ha ritenuto sussistenti i presupposti oggettivi per il rimborso, valorizzando il fatto che gli impianti sono iscritti tra le immobilizzazioni (delle partecipanti al Gruppo Iva), utilizzati durevolmente e legati all’attività economica. Non meno rilevante è la precisazione secondo cui, anche in assenza di una imputazione analitica dei costi a ciascun impianto, è ammessa, ai fini del rimborso, una ripartizione proporzionale, purché basata su criteri oggettivi e adeguatamente documentati. Si tratta di un’indicazione operativa che, opportunamente valorizzata, consente di salvaguardare l’accesso al rimborso anche in contesti organizzativi articolati.
Si può dunque concludere che la risposta a interpello 155/2025 certifica l’avvenuto allineamento tra giurisprudenza e prassi amministrativa su un tema da tempo dibattuto. Un allineamento che, oltre a restituire coerenza al sistema, restituisce anche certezza operativa ai contribuenti che investono in beni funzionali alla propria attività, pur non essendone formalmente proprietari. L’imposta, ancora una volta, deve colpire il consumo, non l’impresa.