Interposizione fittizia e costi induttivi: la Cassazione estende il principio della Consulta
di Andrea Gaeta
Con l’ordinanza n. 27003 dell’8 ottobre 2025, la sezione tributaria della Corte di cassazione torna a riaffermare la necessità del riconoscimento dei costi induttivi, questa volta in un contesto singolare: quello di un accertamento fondato su un’interposizione fittizia. L’occasione è offerta da una vicenda che ha coinvolto una società operante nel commercio di autovetture, accusata di avere acquistato, in evasione d’imposta, veicoli provenienti da fornitori intracomunitari tramite “cartiere”. L’Ufficio aveva ricostruito i ricavi occultati e, nel contempo, disconosciuto i costi emergenti dalle contabilità delle imprese “interposte”.
La peculiarità della vicenda sta nel fatto che il riconoscimento dei costi viene affermato nel quadro di un accertamento fondato sull’articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973, cioè sulla disciplina dell’interposizione fittizia. L’Ufficio, infatti, non aveva contestato l’inesistenza soggettiva delle operazioni (ipotesi tipica nelle “frodi carosello”), bensì la natura fittizia dell’interposizione, imputando alla contribuente i ricavi realizzati dalle “cartiere” interposte. Sul punto, la Cassazione richiama il noto orientamento secondo cui la norma colpisce ogni uso improprio o ingiustificato di strumenti giuridici, pur di per sé legittimi, quando l’uso che se ne fa è volto a realizzare l’elusione e considera, quindi, elusive le operazioni, simulate o reali che siano. Si tratta però di un passaggio discutibile: come chiarito anche dalla migliore dottrina, l’articolo 37, comma 3, del Dpr n. 600/1973, non riguarda le operazioni reali, ma soltanto le fattispecie simulatorie, di interposizione fittizia soggettiva. L’estensione alle operazioni effettive appartiene, invece, al diverso ambito dell’abuso del diritto disciplinato dall’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
L’osservazione resta, tuttavia, marginale nel contesto della decisione, che si concentra sulla corretta determinazione del reddito imponibile.
La Corte, accogliendo parzialmente il ricorso della contribuente, ribadisce che ogni accertamento induttivo, anche quando si fonda su presunzioni o su meccanismi di interposizione, deve tener conto dei costi correlati ai ricavi ricostruiti, quantomeno in via forfetaria. Il principio trae origine dalla sentenza n. 10 del 2023 della Corte costituzionale, emessa nel contesto delle indagini finanziarie e fondata sull’interpretazione dell’articolo 32, comma 1, n. 2), del Dpr 600/1973: la Consulta aveva infatti ritenuto illegittimo negare la deduzione dei costi presunti correlati ai prelevamenti non giustificati, richiamando il principio di capacità contributiva sancito dall’articolo 53 della Costituzione, e questo al di là della tipologia di accertamento (analitico, analitico-induttivo, induttivo extracontabile).
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