In questi anni l’Inps è finito nel bersaglio di non poche critiche. C'è chi ritiene, infatti, che il sistema a ripartizione, su cui si fonda la previdenza pubblica, sia insostenibile o inefficiente nel lungo periodo. Liberisti e sostenitori del sistema a capitalizzazione affermano che ogni lavoratore – nel corso del tempo - dovrebbe essere libero di accantonare autonomamente i propri contributi in fondi pensione privati, invece di finanziare le pensioni altrui. Non solo. Anche e soprattutto le giovani generazioni e i lavoratori precari temono che l'attuale meccanismo favorisca chi è già in pensione, a scapito di chi lavora oggi.
E chi denuncia l'inefficienza dello Stato, vede l’Inps come un ente burocratico ed eccessivamente costoso, il cui meccanismo – anche a causa di elementi come il coefficiente di trasformazione - non garantirebbe vera equità tra contributi versati e pensioni ricevute in futuro.
La critica ha sfondato nell'immagine del suo sistema di funzionamento: una piramide che rischia di collassare. Uno schema Ponzi – secondo alcuni detrattori della previdenza pubblica - ossia quell'astuto meccanismo di truffa finanziaria, secondo cui ai primi investitori sono promessi alti guadagni, a discapito dei successivi investitori - a loro volta vittime della truffa.
In tale modello finanziario truffaldino non c'è alcun investimento produttivo e profitto reale o “legale”: a guadagnare davvero è soltanto l'ideatore dello schema, che – in un circolo vizioso - incassa la maggior parte del denaro e poi scompare prima che lo schema crolli.
Ma è davvero così? E' fondata un'accusa tale da incrinare la credibilità di un'istituzione essenziale per la vita dello Stato e della collettività? Il sistema pensionistico è realmente sostenibile o assomiglia pericolosamente a uno schema Ponzi?
Vero è che l'Inps gestisce le pensioni e le prestazioni assistenziali dei cittadini, un meccanismo che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire sicurezza economica dopo una vita di lavoro. Il modello di funzionamento è – dicevamo all'inizio – quello a ripartizione: in un circolo che vuole essere – almeno sulla carta - “virtuoso”, i contributi versati dai lavoratori attivi sono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni dei lavoratori usciti dal mercato.
Un meccanismo – a ben vedere – costretto a fare i conti con la dura realtà della demografia italiana: la popolazione invecchia, il turnover vacilla e il peso sulle nuove generazioni rischia di diventare insostenibile. Allora è vero che Inps è una piramide che, come lo schema Ponzi, è destinata a crollare?
Ebbene, negli anni '60 del secolo scorso il boom economico era parallelo a quello demografico, c'erano circa sette lavoratori per ogni pensionato, mentre oggi il rapporto è sceso a meno di due a uno – per la precisione un preoccupante 1,4 lavoratori per ogni pensionato, spiega Inps nel suo ultimo Rapporto annuale.
Non solo. Se a questo aggiungiamo la precarietà lavorativa, la stagnazione salariale e l'evasione contributiva, la tenuta finanziaria del sistema diventa altamente incerta, alimentando il paragone. Ma - a ben vedere - il parallelismo non ha ragion d'essere. L'Inps non è, chiaramente, un vero schema Ponzi; si potrebbe dire – con un filo di sarcasmo – che lo è solo a metà: la differenza si pone dal lato normativo. Questo perché per l’Inps c'è la garanzia pubblica e di intervento statale. Lo schema Ponzi è, per sua natura, “privatistico” ed è destinato inevitabilmente a crollare, perché manca un'attività produttiva o un garante finanziario. L'Inps, invece, ha il supporto dello Stato, che può intervenire con risorse pubbliche e riforme strutturali per supportarne i conti in difficoltà e mantenerne la sostenibilità (pur aumentando il debito, riducendo progressivamente le prestazioni o riformando l'età pensionabile), come sancito dall'articolo 38 della Costituzione. Basti pensare, ad esempio, al “salvataggio” di Inpdap e Enpals con il decreto n. 201 del 2011.
Concludendo, il sistema Inps non è evidentemente una truffa, ma è - comunque - una struttura che dipende da un flusso costante di nuovi contribuenti e da interventi pubblici per evitare il collasso.
Più che uno schema Ponzi destinato a crollare, è una piramide finanziaria "istituzionalizzata", in cui lo Stato si fa garante, scaricando il peso della sostenibilità sulle generazioni future. Un equilibrio ora precario, certo, ma non truffaldino.