Incentivare davvero le aggregazioni professionali? Occorre una tassazione agevolata per i redditi dei soci
Di Maurizio Nadalutti
Il “nuovo” articolo 177-bis del Tuir, introdotto dal Dlgs 192/2024, in attuazione della legge delega di riforma fiscale n. 111/2023, prevede la neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e di riorganizzazione degli studi professionali.
Alla pari delle operazioni “straordinarie” aziendali, risultano ora fiscalmente irrilevanti: i conferimenti di studi professionali in società tra professionisti, le trasformazioni, le fusioni e scissioni delle entità collettive costituite per l’esercizio della professione, i trasferimenti per causa di morte o per atto gratuito di studi professionali individuali, ecc.
L’introduzione del regime di neutralità anche nel contesto delle professioni è certamente da accogliere con favore. Le aggregazioni professionali vanno infatti senz’altro incentivate, in quanto favoriscono la crescita dei singoli professionisti e, più in generale, di tutto il mondo delle professioni: lavoro di gruppo, spirito di appartenenza ad una “squadra”, confronto tra professionisti con competenze diverse, il supporto reciproco in momenti di difficoltà o di sovraccarico lavorativo, sono solo alcuni fattori che generano valore aggiunto.
Tuttavia, tutto ciò rischia di restare solamente sulla carta.
Il motivo? Inutile negarlo: la presenza del regime forfettario di cui all’articolo 1, comma 54, della L 190/2014, che prevede una tassazione agevolata per i professionisti, con ricavi non superiori a 85.000 euro, che esercitano la propria attività in modo individuale.
In termini generali, il regime forfettario sta senza dubbio supportando le piccole realtà economiche che, altrimenti, avrebbero difficoltà a “sopravvivere”. Il problema è che manca una misura analoga anche per le entità professionali che operano in forma associata.
A tal fine, si potrebbe innanzitutto pensare ad una modifica normativa che preveda la possibilità della tassazione per trasparenza per tutte le società professionali, comprese anche le Stp o Sta costituite sotto forma di società per azioni. Si tratterebbe quindi di derogare alle condizioni attualmente imposte dall’articolo 116 del Tuir, prevedendo la possibilità della trasparenza a prescindere dal limite dei ricavi e del numero dei soci (che quindi potrebbero essere ben superiori a 10).
Cosicché, in relazione al reddito attribuito per trasparenza ai soci, potrebbe essere prevista una tassazione agevolata mediante imposta sostitutiva nella stessa misura prevista dal regime forfettario, fino al limite di 85 mila euro o, in alternativa, considerando che l’ente collettivo già deduce le spese sostenute analiticamente, fino ad euro 66.300, ossia il reddito massimo che un professionista individuale può conseguire applicando il regime forfettario, al netto dei costi forfettari (78 per cento).
In sostanza, operativamente, la tassazione agevolata che si propone dovrebbe così applicarsi: il reddito imputato per trasparenza al socio professionista, se “entro soglia”, potrebbe essere sottoposto ad imposizione mediante l’applicazione dell’imposta sostitutiva. In caso contrario, si applicherebbe la tassazione ordinaria. L’opzione – per chi non rientra già naturalmente nella trasparenza (per gli studi associati, ad esempio, è già la “regola”) – dovrebbe essere esercitata sia dall’ente collettivo che da tutti i soci.
In questo modo verrebbero peraltro agevolati anche i giovani professionisti che si propongono di aggregarsi a studi associati già esistenti. Infatti, anche in realtà di più grosse dimensioni, i soci che conseguono un reddito – derivante dalla partecipazione all’associazione professionale o all’Stp “trasparente” – di importo non superiore alla soglia sopra ipotizzata, potrebbero beneficiare della tassazione agevolata, mentre gli altri soci, a cui spettano quote di profitti più elevate, dovrebbero sottoporre ad imposizione il proprio reddito secondo le regole ordinarie.
Per evitare duplicazioni di vantaggi fiscali, il socio professionista che intenderebbe fruire del regime agevolato qui proposto, dovrebbe rinunciare al regime forfettario per l’eventuale posizione IVA personale.
Si tratta di una proposta: possono evidentemente essere prese in considerazione anche altre soluzioni. Di certo occorre prevedere in tempi brevi delle misure affinché le aggregazioni professionali siano davvero incentivate, non essendo sufficiente il (solo) regime di neutralità introdotto dall'articolo 5, comma 1, lett. d), del Dlgs 192/2024.