Ancora una chance per le aziende industriali che intendono investire nel piano Transizione “5.0”. Con la pubblicazione sul sito istituzionale del MIMIT - lo scorso 24.02.2025 - delle FAQ “aggiornate”, arriva una significativa modifica “interpretativa” delle disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, lett. d), del decreto interministeriale 24 luglio 2024 in materia di rifiuti speciali pericolosi.
Viene, in particolare, “superato” quel blocco esegetico che lasciava ai margini della misura numerose realtà imprenditoriali. Così, benché le tempistiche siano strette, molte aziende cominciano a valutare la tipologia di investimento da effettuare per sfruttare al meglio le risorse a disposizione. Resta, ad oggi, l’insuccesso di una misura finanziata con il PNRR (dei 6,3 miliardi solo poco più di 460 milioni di euro pare siano stati utilizzati) che rischia di essere un boomerang per l’Esecutivo.
Ma veniamo ai fatti. Con la norma primaria prevista dall’articolo 38, comma 6 del DL. 19/2024 e con il successivo decreto interministeriale 24.07.2024 è stato precisato che non sono ammissibili al beneficio “5.0” quei progetti di innovazione destinati ad attività nel cui processo produttivo venga generata un'elevata dose di sostanze inquinanti classificabili come rifiuti speciali pericolosi di cui al regolamento (UE) n. 1357/2014 e il cui smaltimento a lungo termine potrebbe causare un danno all'ambiente, ad eccezione di alcune tipologie di progetti. Vengono, così, individuate quattro “eccezioni” alla regola generale che rappresentano una possibile apertura all’accesso al beneficio.
In una prima versione delle FAQ veniva richiesto alle imprese di soddisfare tutte e quattro le condizioni previste dalla norma, tra cui quella di non trasferire a smaltimento o recupero più di 2 tonnellate/anno di rifiuti speciali pericolosi (soglia oggettivamente bassa per la maggioranza delle imprese industriali). Una lettura “sistematica” del citato articolo 5 permetterebbe, invece, di considerare alternative le diverse eccezioni previste dalla lettera d), al pari delle eccezioni di cui alle lettere a), b) e c) dello stesso articolo.
Nella nuova versione della FAQ 10.1, per converso, il Ministero ha individuato uno specifico “schema di flusso condizionale”: le condizioni di cui ai punti elenco 1 e 2 si riferiscono al progetto di innovazione, mentre i punti elenco 3 e 4 sono riferibili al sito industriale in cui il progetto viene realizzato.
Pertanto, il rispetto del principio del DNSH viene verificato come segue:
il progetto genera un incremento di rifiuti pericolosi? Se la risposta è “NO”, il progetto è ammissibile. Se la risposta è “SI”, allora si passa alla verifica condizionale del punto 2;
i rifiuti pericolosi generati dal progetto sono destinati a R1-R12 o D1-D12? Se la risposta è “SI”, il progetto è ammissibile. Se la risposta è “NO”, il progetto di innovazione non è ammissibile.
Relativamente alla verifica sul sito industriale (punti 3 e 4):
il sito industriale produce più del 50 per cento di rifiuti pericolosi destinati allo smaltimento? Se la risposta è “NO”, il progetto è ammissibile. Se la risposta è “SI”, si passa alla verifica del punto 4;
il sito industriale ha superato per più di due anni la soglia PRTR di produzione di rifiuti pericolosi destinati allo smaltimento? Se la risposta è “NO”, il progetto è ammissibile. Se la risposta è “SI”, il progetto è escluso.
Dalla lettura del suddetto punto 3), tuttavia, emerge ancora un dubbio operativo in quanto non è chiaro il “parametro” di riferimento per il calcolo della soglia (50 per cento) di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento. Una corretta lettura della condizione appare quella di considerare, quale elemento di calcolo, il totale dei rifiuti speciali (pericolosi e non) prodotti nel sito industriale.
Aderendo a tale interpretazione, il progetto innovativo è considerato ammissibile laddove la quantità di rifiuti speciali pericolosi destinati allo smaltimento non risulti superiore al 50 per cento del totale dei rifiuti speciali prodotti dal sito industriale. Una diversa lettura della condizione 3) non avrebbe l’effetto sperato, ossia l’apertura del piano 5.0 agli investimenti di una buona fetta di imprese industriali.
Pertanto, una interpretazione estensiva della suddetta disposizione, se ufficializzata, metterebbe fine ad una diatriba che, per troppi mesi, ha bloccato l’utilizzo delle risorse da parte delle imprese.