Il sottile confine tra cessazione e decadenza dal concordato preventivo
di Luca Ferrini
Il concordato preventivo è stato al centro del lavoro dei professionisti del settore fiscale per buona parte dell’anno 2024 e, a giudicare dalle recenti dichiarazioni di membri del Governo, pare che lo strumento sia lontano dall’essere abbandonato. Anche per il 2025, quindi, imprenditori e professionisti del settore fiscale dovranno ancora farvi fronte.
La decisione di aderire al concordato deve essere presa, in prima battuta, avendo ben chiaro l’ipotetico reddito (futuro) concordato, ma questo aspetto è solo il punto di partenza. Per aderire, occorre altresì osservare i requisiti di accesso (DLgs. 13/2024, articolo 10, comma 2) e le clausole di esclusione (articolo 11), al fine di verificare che non siano presenti cause ostative all’ingresso; ma occorre anche porre attenzione alle cause di cessazione (articolo 21) e di decadenza (articolo 22), per evitare di incorrere in circostanze che possano causare una fuoriuscita prematura dal concordato.
Le cause di cessazione (articolo 21) e di decadenza (articolo 22), comportano effetti profondamente diversi. Se si ricade in una causa di cessazione, il concordato cessa di avere efficacia, ma a partire dall’anno in cui la circostanza è avvenuta. Se si ricade, invece, in una causa di decadenza, il concordato cessa di avere effetto per entrambi i periodi di imposta, con l’“aggravante” che le imposte concordate restano in ogni caso dovute (articolo 22, comma 3-bis). Inoltre, la decadenza dal concordato fa venir meno anche gli effetti del ravvedimento speciale (articolo 2-quater, comma 10 ,lett. a) DL. 113/2024), mentre la cessazione non ha alcun impatto su questo istituto.
Il contribuente che decide di aderire al concordato dovrebbe quindi avere ben chiaro quali circostanze portano ad una causa di cessazione e quali altre portano, invece, ad una causa di decadenza. Purtroppo, però esistono alcune circostanze che la Legge qualifica tanto come cause di cessazione che come cause di decadenza. E questo costituisce un vero e proprio cortocircuito legislativo.
Si cessa, ad esempio, dal concordato (articolo 21 comma 1, lett. b-ter) a partire dal periodo di imposta in cui “la società o l'ente risulta interessato da operazioni di fusione, scissione, conferimento, ovvero, la società o l'associazione di cui all’articolo 5 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Tuir è interessata da modifiche della compagine sociale che ne aumentano il numero dei soci o degli associati, fatto salvo il subentro di due o più eredi in caso di decesso del socio o associato”.
Si decade però dal concordato (articolo 22 comma 1 lett. d), che richiama le cause di esclusione di cui all’articolo 11), se le medesime circostanze sopra descritte avvengono “nel primo anno cui si riferisce la proposta di concordato” (articolo 11, comma 1, lett. b-quater).
Se, dunque, una di queste circostanze avviene nel primo anno del concordato ma prima dell’adesione, allora ci troviamo di fronte senz’altro ad una causa di esclusione che impedisce l’accesso al concordato.
Se una di queste circostanze avviene nel secondo periodo del concordato, si parla senza dubbio di causa di cessazione: il concordato cessa di avere effetto dal secondo anno (rimane valido il concordato per il primo periodo).
Ma se la circostanza si manifesta nel primo anno ma dopo il termine per l’adesione, la stessa può qualificarsi tanto come decadenza che come cessazione?
Ci troviamo di fronte ad una sorta di rebus. Come può il Legislatore avere qualificato come causa di esclusione un evento che avviene dopo l’adesione? Costituirebbe una sorta di causa di esclusione postuma. Se il Legislatore avesse limitato la causa di esclusione agli eventi avvenuti nel primo anno non oltre il termine dell’adesione, come avrebbe dovuto essere, allora la norma avrebbe guadagnato una coerenza complessiva e non si sarebbe verificato tale contrasto.
Pare arduo scorgere alcuna ratio legislativa nel fatto che un medesimo evento porti alla decadenza se avvenuto alla fine del primo anno del concordato (con la debenza, quindi, delle maggiori imposte “concordate”) ed alla cessazione se avvenuto all’inizio dell’anno successivo.
Del resto, le bozze delle istruzioni del modello Redditi 2025 relativo all’anno 2024 citano esplicitamente le circostanze in discussione tra le cause di cessazione, anche se avvenute nel primo anno (quadro CP, sezione V, colonna 1, codici 3 e 4). Se la norma avesse dovuto essere intesa nel senso di considerarle cause di decadenza se avvenute nel primo anno e di cessazione se avvenute nel secondo, allora questi codici non avrebbero dovuto essere istituiti.
Si è quindi tentati di concludere che questo rebus debba essere risolto qualificando le suddette circostanze come cause di esclusione se avvenute prima dell’adesione e di cessazione se avvenute successivamente. Solo quest’ultima interpretazione consentirebbe di salvaguardare la coerenza complessiva della norma. Detto questo, si auspica che il Legislatore, dal quale si attendono a breve alcune novità in tema di concordato preventivo, voglia intervenire e dare definitiva conferma legislativa a questa interpretazione.