Il regime di ravvedimento e i fraintendimenti sui metodi di accertamento (tra cui non rientrano né i “parziali” né le indagini finanziarie)
di Dario Deotto
Il prossimo 31 marzo scade il termine (salvo proroghe o le solite riaperture) entro cui avvalersi del cosiddetto “regime di ravvedimento” (così lo definisce la norma) o “ravvedimento speciale” (così viene etichettato da alcuni).
In realtà, si tratta di una vera e propria sanatoria se si pensa che a fronte del pagamento di un’imposta sostitutiva (delle imposte sui redditi, delle relative addizionali, dell’Irap) si ottiene la copertura dagli accertamenti analitici, analitici-induttivi e induttivi ai fini delle imposte sui redditi nonché di quelli analitici-induttivi Iva.
Ed è proprio su questa “copertura” che occorre soffermarsi un attimo.
In più occasioni, alcuni autori hanno posto dei dubbi – chiedendo gli usuali chiarimenti all’Agenzia delle Entrate – circa gli effetti della sanatoria anche per gli accertamenti di tipo parziale e per le indagini finanziarie (quelle che, impropriamente – errore da matita rossa - la Cassazione definisce “accertamenti bancari”). In un altro caso, sempre riportato sullo stesso quotidiano economico, l’autore non si è posto nemmeno il dubbio, scrivendo che la sanatoria (il regime di ravvedimento) non riverbera alcun tipo di effetto per gli accertamenti parziali di cui all’articolo 41-bis del Dpr 600/1973, nel senso che l’amministrazione finanziaria potrebbe tranquillamente emettere tale tipologia di atti nonostante la regolare adesione alla sanatoria.
Vediamo di chiarirci sin da subito. Scrivere che la sanatoria non riverbera effetti sull’accertamento parziale è un (altro grave) errore da matita rossa (poi vedremo che lo è anche per le indagini finanziarie, ma forse un po’ meno), così come lo è (errore da matita rossa) anche il fatto di porre questi dubbi e richiedere chiarimenti all’Agenzia.
Basterebbe soltanto pensare alla struttura (originaria) del Dpr 600/1973. Nel corpo del provvedimento - nel titolo IV, relativo all’accertamento e ai controlli – trovano collocazione le disposizioni (da articolo 31 a 36) relative ai poteri di indagine e ai controlli. Poi vi sono le previsioni riferite ai metodi di accertamento (da articolo 38 a 41 – in parte articolo 40 e 41) - nei quali vanno canalizzate le precedenti attività istruttorie di controllo - che si sostanziano in quello analitico, sintetico, analitico-induttivo e induttivo. Tali metodi trovano evidenza nell’atto – che può risultare “ordinario”, “parziale” o “integrativo” – per il quale le specifiche norme degli articoli 41-bis, 42 e 43 fissano i presupposti e i requisiti di legittimità.
In pratica, una cosa sono i “metodi” di accertamento – analitico, analitico-induttivo, induttivo, sintetico – e altra cosa sono, chiaramente, gli atti che accolgono tali tipologie di metodi. Sicché una rettifica analitica (metodo) può certamente essere contenuta in un atto di accertamento ordinario, così come in un parziale o in un atto di accertamento integrativo. Parimenti, un accertamento parziale può accogliere un metodo analitico, analitico-induttivo (basterebbe pensare agli studi di settore) e così via.
Quindi sbaglia clamorosamente chi confonde “metodi” con “mezzi” (gli atti) di accertamento.
Per questo motivo è chiaro che poiché la norma sul “regime di ravvedimento” preclude (con certi limiti) le rettifiche analitiche, analitiche-induttive e induttive, le stesse risultano inibite a prescindere dall’atto impiegato (quindi, evidentemente, anche tramite un “parziale”).
Allo stesso modo, se si sono comprese le “basi” dell’accertamento tributario, si rivela chiaramente erroneo anche il dubbio relativo al fatto se le indagini finanziarie sono “coperte” dal regime di ravvedimento. Le disposizioni sulle indagini finanziarie sono contenute nell’articolo 32 del Dpr 600/1972, cioè tra quelle volte all’acquisizione da parte dell’Agenzia di dati fiscalmente rilevanti (attività istruttoria). Questi dati devono poi essere canalizzati all’interno degli specifici metodi di accertamento, che, non a caso, vengono citati dallo stesso articolo 32. Quest’ultimo, infatti, prevede che le movimentazioni, per le quali non si è in grado di dare giustificazione, sono poste a base delle rettifiche e degli accertamenti (metodi) di cui agli articoli da 38 a 41 del Dpr 600/1973, cioè degli accertamenti sintetici, analitici, analitici-induttivi, induttivi.
Ad esempio, per gli imprenditori e professionisti, la norma dell’articolo 32 vuole stabilire semplicemente che i risultati dell’attività istruttoria vanno canalizzati nelle rettifiche (metodi) dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, tra le quali, peraltro, non c’è alcuna presunzione legale relativa.
Ecco perché Cassazione e coloro che, senza riflettere, parlano o scrivono di “accertamenti bancari” – che non sono un “metodo di accertamento” - sbagliano clamorosamente. Con la conclusione che, certamente, per chi si avvale del “regime di ravvedimento” non potrà essere effettuata alcuna rettifica (analitica, analitica-induttiva, induttiva) scaturente dalle indagini finanziarie.